L’uovo
L’uovo è un monumento chiuso, un automonumento, piano regolatore della creazione.
Ad esempio la torre di Pisa, l’uovo non suol tenersi in piedi. Nessuno ignora che la torre ama emigrare durante la notte. Del resto ella sussiste solamente perché sorretta da una piuma in un quadro di René Magritte.
Lo stesso pittore, in un altro quadro, Le vacanze di Hegel, mostra un ombrello aperto: in coma sta un bicchiere che contiene un liquido. Evidentemente tutti gli osservatori patiscono della stessa illusione ottica scambiando il bicchiere per un uovo, del resto più affine al pensiero del filosofo.
L’uovo, oggetto concreto d’alto coturno, carissimo, quasi inaccessibile: diamante del povero.
Nel mio tempo d’infanzia, con la notte già alta due metri, non udivo più il tic-tac dell’orologio, ma piuttosto il pulsare dell’uovo nel suo tuorlo, mai nella sua chiara.
In tempo ancora più remoto della mia vita, avevo paura dell’uovo. La paura: ci fornisce una carta d’identità, facendoci affronta qualcosa di reale, la paura stessa. La paura è l’uovo della successiva avventura.
Da: Murilo Mendes, Poesia libertà, a cura di Ruggero Jacobbi, Edizioni Accademia, Milano 1971, p. 175
Tratta da una raccolta di prose del poeta brasiliano Murilo Mendes, mi è sembrata uno dei migliori esempi di prose di poeta. Nella poesia del ‘900 i confini tra prosa e poesia sono stati cancellati dall’affermazione del verso libero. Forse proprio per questo la prosa del poeta, che tra l’altro aveva già sperimentato nel secolo precedente Rimbaud, può essere utile per tentare di delimitare il perimetro del campo di azione di un poeta, il suo mondo e i suoi mezzi espressivi. Questa prosa poetica fu scritta a Roma tra il 1965 e il 1966 e pubblicata, insieme ad altre prose poetiche, nella raccolta Poliedro del 1972, tre anni prima della morte. Gli interessi per l’arte e la pittura furono parte importante nella vita intellettuale del poeta brasiliano, il quale, da quando, nel 1957 si era stabilito in Italia, aveva stretto rapporti con molti pittori italiani, seguendo con attenzione, anche in qualità di critico d’arte, le tendenze più avanzate della pittura italiana di quegli anni più affini alla sua ricerca poetica. La citazione del quadro di Magritte è la chiave per comprendere questa prosa. Ma, oltre al quadro citato, Le vacanze di Hegel, bisogna tenere presente un altro celebre quadro del pittore belga, ovvero la La Trahison des images (“Il Tradimento delle immagini”), il celebre dipinto nel quale è rappresentata una pipa, con sotto la dicitura: Ceci n’est pas une pipe (“Questa non è una pipa”). Allo stesso modo, provocatoriamente, il poeta può affermare che quello che vedono tutti sopra l’ombrello nel citato quadro non è un bicchiere, ma un uovo, elemento ricorrente nella pittura dell’altro grande surrealista, Salvador Dalì. Su questo spostamento di senso in chiave surrealista (il surrealismo è sempre stato un elemento fondamentale nella poesia di Mendes) si basa il gioco essere/non essere, apparenza/realtà, ricorrente anche nelle liriche del poeta che arriva fino al paradossale enunciato del finale. In questa breve prosa quindi possiamo individuare tutte quelle che sono le caratteristiche fondamentali, le linee-guida e gli stilemi che possiamo ritrovare nella sua poesia.
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