Poesia
Se un uomo non si sente perduto, è perduto
a tutto ciò che si svolge negli altri
e che avviene in lui.
Così perduto, egli scrive una lettera e una busta
e la suggella e vi scrive: aprire dopo la mia morte!
Ma essere perduti e resistere e avere
la luna nel libro e la notte solo nel leggerlo,
non conoscere né fine né margine a se stessi,
non essere soli, ma esser perduti,
è come se la propria pena ed un’altra, di estranei
generassero un terzo cuore…
Una ragazza ti ha chiesto: che cosa è poesia?
Volevi dirle: già il fatto che esisti, ah sì, che tu esisti,
e che nel tremore e stupore,
che sono testimonianza del miracolo,
soffrendo mi ingelosisco della tua piena bellezza,
e che non posso baciarti e con te non mi posso giaciere,
e che non ho nulla, e colui che è sprovvisto di doni
è costretto a cantare…
Ma non glielo hai detto, hai taciuto
e lei non ha udito quel canto…
Vladimir Holan, da: Una notte con Amleto, a cura di Angelo Maria Ripellino, Einaudi, Torino 1966, pp 71 e p 77
Le due poesie del grande poeta ceco Vladimir Holan sono state pubblicate nella raccolta Na postupu (“In progresso”), che raccoglieva la sua produzione poetica a cavallo tra il ’43 e il ’48 (furono gli anni di un effimero avvicinamento al comunismo, che culminò con l’iscrizione al Partito Comunista Cecoslovacco nel ’46, da cui si allontanò intorno al 1950) e che venne pubblicata solo sedici anni dopo, nel 1964 (tra il 1948 e il 1962 Holan non pubblicò nulla). Fanno parte di una linea secondaria, in cui l’autore si allontana, seppure solo momentaneamente, dai barocchismi e dall’ermetismo espressionista per tendere verso una maggiore semplicità. Tenute nel cassetto per quasi un ventennio, queste poesie stupiscono anche oggi per la loro incantevole chiarezza. Nella prima il poeta descrive la condizione del poeta con un apparente ossimoro: “Non essere soli, ma esser perduti”. In seguito al suo allontanamento dal Partito Comunista, dal 1950 in poi, il poeta in effetti visse in una condizione di clausura e isolamento (raramente usciva dalla sua casa sulla centralissima isola di Kampa, a Praga). Probabilmente, anche nel clamore degli ultimi anni della guerra e dell’immediato dopoguerra, aveva già compreso che un poeta non è mai solo proprio perché lo è sempre. E lo è anche nel caso in cui si trovasse nel vivo degli eventi storici che accadono intorno a lui. Il poeta si allontana dal mondo per “generare il terzo cuore”, ovvero un grado di sensibilità di grado più alto nel quale la sua e le altrui individualità si possono con-fondere. La seconda poesia è una deliziosa celebrazione del silenzio, in questo caso il silenzio del non detto, delle parole strozzate in gola. Secondo il poeta ceco la poesia nasce proprio da quella che sembra un’occasione persa per quella che sarebbe stata forse solo una banale dichiarazione d’amore. Geniale nella sua semplicità e nel suo modo di raccontare la banalità di un sentimento in un modo non banale.
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