ROMANZA DI NATALE
Nuota via nell’angoscia inesplicabile
dei Giardini Alexandr,
notturna navicella inestinguibile,
dentro il tormento dei mattoni, a notte,
un lampione insocievole,
come una rosa gialla, sulla testa
dei suoi amanti, ai piedi dei passanti.
Nuota via nell’angoscia inesplicabile
un coro d’api d’ebbri e di sonnambuli.
Nella notte di Mosca uno straniero
scatta una foto tristemente, imbocca
l’Ordynka un taxi pieno di malati,
e i morti sono fermi in un abbraccio
con i vecchi villini.
Nuota via nell’angoscia inesplicabile
nella città un cantante malinconico,
sta presso una bottega di petrolio
un portinaio tondo in viso e triste,
per una scialba strada va di fretta
l’amante vecchio e bello.
Ed un corteo nuziale a mezzanotte
nuota via nell’angoscia inesplicabile.
E nuota via nel buio oltre Moscova
nella sciagura un bagnante casuale,
erra un accento ebraico
sopra una scala gialla malinconica,
e dall’amore all’amarezza, verso
il Nuovo Anno, verso la domenica,
nuota via una beltà professionista
che spiegare non sa la propria angoscia.
Nuota la fredda sera via dagli occhi,
nella vettura remano i ghiaccioli,
un vento gelido, un vento pallido
s’appiccica alle mani rosse, e scorre
il miele delle luci della sera,
e va un odore dolce di halvah,
regge una torta scura sulla testa
la notte di Natale.
Nel mare cittadino il tuo Anno Nuovo
nuota via nell’angoscia inesplicabile
su un’onda cupo-azzurra,
come la vita riprendesse, come
fossero per venire luce e gloria,
un giorno lieto, pane a volontà,
come fosse per oscillare a destra,
dopo aver spendolato
a sinistra, la vita.
1962
Trad. di Giovanni Buttafava, da: Fermata nel deserto, Mondadori, Milano 1979, pp, 17-19.
Con questa poesia scritta in una dacia a Komarovo, nei pressi di San Pietroburgo, allora Leningrado, il ventiduenne poeta inaugura una sua personale tradizione: «Da quando ho iniziato a scrivere versi seriamente – più o meno seriamente – ho cercato di comporre una poesia per ogni Natale, quasi fosse un augurio di compleanno» dichiarò in un’intervista degli anni ’90. Questa sembra sia stata ispirata da un quadro, una Adorazione dei magi particolarmente affollata: «amavo quella concentrazione di ogni cosa in un solo luogo – il che è quanto si verifica nella scena della grotta» scrive a proposito della fonte di ispirazione di Romanza di Natale, poesia chiaramente ambientata a Mosca (anche se in realtà sono presenti riferimenti occulti a San Pietroburgo).
La lirica è dedicata a Evgenij Rejn, poeta e sodale di Brodskij, il quale nell’agosto del 1961 presentò il giovane amico ad Anna Achmatova nella dacia della poetessa a Komarovo, dove l’inverno dell’anno successivo lo stesso Brodskij prese una dacia in affitto. Ne nacque una solida amicizia e i due cominciarono a frequentarsi con una certa assiduità. A quell’epoca il poeta aveva sperimentato, nel 29 gennaio nel 1961, il primo arresto, ma anche i primi successi nelle letture pubbliche. Da quando, nel 1956, a sedici anni aveva smesso di studiare, tirava a campare con diversi lavori: apprendista tornitore in una fabbrica, assistente presso un obitorio, fuochista e guardiano di un faro. Ebbe anche modo di partecipare a una spedizione geologica in Siberia e Jakuzia e di imparare perfettamente l’inglese e il polacco, lingue dalle quali aveva cominciato a tradurre. L’amicizia con Anna Achmatova, che apprezzava molto le sue poesie, non ebbe alcun peso nella sua creazione poetica. Da subito mostrò un’impronta personale che nulla aveva a che spartire con l’acmeismo: Le sue poesie tendevano a forme di ampio respiro, non possedevano la concisa perfezione dell’Achmatova. Essendo nato a Leningrado nel 1940, la sua formazione era avvenuta in un contesto completamente diverso rispetto a quello degli acmeisti. Non solo il nome della città era cambiato, ma anche lo spirito.
Dal punto di vista formale le sue poesie seguono schemi metrici ben precisi, estremamente simmetrici e regolari. Tra i poeti russi del passato, quello a cui Brodskij dichiaratamente si è ispirato è l’illuminista Deržavin. Brodskij più volte ha ribadito la sua ammirazione per il connazionale del XVIII secolo, celebre per alcune odi nelle quali introduceva elementi autobiografici e di vita quotidiana insieme a riferimenti all’orientalismo e all’esotismo in voga in quegli anni. Le sue ardite e pittoresche metafore dovettero affascinare il giovane poeta leningradese.
Il senso di Romanza di Natale è piuttosto oscuro, ma diventa comprensibile se calato nel contesto della sua epoca. In Unione Sovietica le festività religiose erano bandite e il Natale era ufficialmente sostituito con il Capodanno. La poesia recita “Verso/ il Nuovo anno, verso la domenica” perché il 31 dicembre del 1961 cadeva di domenica. Il poeta inizialmente si sofferma su scene di vita quotidiana: un corteo nuziale, uno straniero che scatta una foto, un portinaio. Si avvicina la festività, ma si tratta di una festività laica che “cela” al suo interno il senso di quella religiosa. Nell’ultima strofa si palesa il senso della lirica: “Nel mare cittadino il tuo Anno Nuovo/ nuota via nell’angoscia inesplicabile/ su un’onda cupo-azzurra, /come la vita riprendesse, come/ fossero per venire luce e gloria, /un giorno lieto, pane a volontà”. il Capodanno, nel calendario ortodosso, precede il Natale, che cade tra il 6 e il 7 di gennaio. Per questo la poesia recita “Nel mare cittadino il tuo nuovo anno/nuota via nell’angoscia inesplicabile”: la festività laica precede quella religiosa, che sarebbe la festa nella quale “come la vita riprendesse, come fossero per venire luce e gloria”, ovvero il Natale e la rigenerazione della vita, che di questa festività ne è il senso più vero e profondo.
Così come dietro alla festività laica si cela il senso di quella religiosa, dietro ai riferimenti a Mosca si celano quelli a San Pietroburgo: i Giardini Aleksandr della prima strofa sono presenti anche a San Pietroburgo e circondano il palazzo dell’Ammiragliato sulla cui guglia si trova una nave (divenuta uno dei più celebri simboli della città) che nella poesia sarebbe la “notturna navicella inestinguibile”, che successivamente si trasforma in una “rosa gialla”, ovvero la luna (la luce gialla nella letteratura russa era associata a San Pietroburgo). Ma i Giardini Aleksandr si trovano anche a Mosca, proprio sotto le mura del Cremlino. Alla stella rossa, che campeggia sulla torre del Cremlino, il poeta sostituisce quindi la luce gialla della luna di San Pietroburgo.
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