Trad. di Giovanni Buttafava, da: Fermata nel deserto, Mondadori, Milano 1979, pp, 17-19.
Con questa poesia scritta in una dacia a Komarovo, nei pressi di San Pietroburgo, allora Leningrado, il ventiduenne poeta inaugura una sua personale tradizione: «Da quando ho iniziato a scrivere versi seriamente – più o meno seriamente – ho cercato di comporre una poesia per ogni Natale, quasi fosse un augurio di compleanno» dichiarò in un’intervista degli anni ’90. Questa sembra sia stata ispirata da un quadro, una Adorazione dei magi particolarmente affollata: «amavo quella concentrazione di ogni cosa in un solo luogo – il che è quanto si verifica nella scena della grotta» scrive a proposito della fonte di ispirazione di Romanza di Natale, poesia chiaramente ambientata a Mosca (anche se in realtà sono presenti riferimenti occulti a San Pietroburgo).
La lirica è dedicata a Evgenij Rejn, poeta e sodale di Brodskij, il quale nell’agosto del 1961 presentò il giovane amico ad Anna Achmatova nella dacia della poetessa a Komarovo, dove l’inverno dell’anno successivo lo stesso Brodskij prese una dacia in affitto. Ne nacque una solida amicizia e i due cominciarono a frequentarsi con una certa assiduità. A quell’epoca il poeta aveva sperimentato, nel 29 gennaio nel 1961, il primo arresto, ma anche i primi successi nelle letture pubbliche. Da quando, nel 1956, a sedici anni aveva smesso di studiare, tirava a campare con diversi lavori: apprendista tornitore in una fabbrica, assistente presso un obitorio, fuochista e guardiano di un faro. Ebbe anche modo di partecipare a una spedizione geologica in Siberia e Jakuzia e di imparare perfettamente l’inglese e il polacco, lingue dalle quali aveva cominciato a tradurre. L’amicizia con Anna Achmatova, che apprezzava molto le sue poesie, non ebbe alcun peso nella sua creazione poetica. Da subito mostrò un’impronta personale che nulla aveva a che spartire con l’acmeismo: Le sue poesie tendevano a forme di ampio respiro, non possedevano la concisa perfezione dell’Achmatova. Essendo nato a Leningrado nel 1940, la sua formazione era avvenuta in un contesto completamente diverso rispetto a quello degli acmeisti. Non solo il nome della città era cambiato, ma anche lo spirito.
Dal punto di vista formale le sue poesie seguono schemi metrici ben precisi, estremamente simmetrici e regolari. Tra i poeti russi del passato, quello a cui Brodskij dichiaratamente si è ispirato è l’illuminista Deržavin. Brodskij più volte ha ribadito la sua ammirazione per il connazionale del XVIII secolo, celebre per alcune odi nelle quali introduceva elementi autobiografici e di vita quotidiana insieme a riferimenti all’orientalismo e all’esotismo in voga in quegli anni. Le sue ardite e pittoresche metafore dovettero affascinare il giovane poeta leningradese.
Il senso di Romanza di Natale è piuttosto oscuro, ma diventa comprensibile se calato nel contesto della sua epoca. In Unione Sovietica le festività religiose erano bandite e il Natale era ufficialmente sostituito con il Capodanno. La poesia recita “Verso/ il Nuovo anno, verso la domenica” perché il 31 dicembre del 1961 cadeva di domenica. Il poeta inizialmente si sofferma su scene di vita quotidiana: un corteo nuziale, uno straniero che scatta una foto, un portinaio. Si avvicina la festività, ma si tratta di una festività laica che “cela” al suo interno il senso di quella religiosa. Nell’ultima strofa si palesa il senso della lirica: “Nel mare cittadino il tuo Anno Nuovo/ nuota via nell’angoscia inesplicabile/ su un’onda cupo-azzurra, /come la vita riprendesse, come/ fossero per venire luce e gloria, /un giorno lieto, pane a volontà”. il Capodanno, nel calendario ortodosso, precede il Natale, che cade tra il 6 e il 7 di gennaio. Per questo la poesia recita “Nel mare cittadino il tuo nuovo anno/nuota via nell’angoscia inesplicabile”: la festività laica precede quella religiosa, che sarebbe la festa nella quale “come la vita riprendesse, come fossero per venire luce e gloria”, ovvero il Natale e la rigenerazione della vita, che di questa festività ne è il senso più vero e profondo.
Così come dietro alla festività laica si cela il senso di quella religiosa, dietro ai riferimenti a Mosca si celano quelli a San Pietroburgo: i Giardini Aleksandr della prima strofa sono presenti anche a San Pietroburgo e circondano il palazzo dell’Ammiragliato sulla cui guglia si trova una nave (divenuta uno dei più celebri simboli della città) che nella poesia sarebbe la “notturna navicella inestinguibile”, che successivamente si trasforma in una “rosa gialla”, ovvero la luna (la luce gialla nella letteratura russa era associata a San Pietroburgo). Ma i Giardini Aleksandr si trovano anche a Mosca, proprio sotto le mura del Cremlino. Alla stella rossa, che campeggia sulla torre del Cremlino, il poeta sostituisce quindi la luce gialla della luna di San Pietroburgo.
«Retamar ha scelto il colloquio, la conversazione come modo e forma di espressione, come modello di poesia, come per coinvolgere il lettore e la sua coscienza, impegnandolo alla riflessione anziché offrendogli un godimento estetico; una poesia fatta di piccole cose, impastate con l'esperienza di ogni giorno, a volte umoristicamente dissacratoria, altre drammaticamente tesa» - Silvio Bertocci
quella che il poeta cercava all'interno della lingua inglese era una originale prosodia "americana", al pari dei musicisti jazz che proprio i quegli stessi anni stavano creando un loro linguaggio musicale. William Carlos Williams trovò la sua lingua nella realtà delle cose, nella natura e nelle persone intorno a lui
"Anche i surfisti sono poeti / se li consideri in un certo modo" dichiara Lawrence Ferlinghetti, poeta nordamericano di origini italiane, in una delle sue più celebri poesie che tocca questioni di meta-poetica.
La figura di Daria Menicanti, negli ultimi decenni sostanzialmente dimenticata, attende da tempo una giusta ricollocazione nel panorama della poesia italiana del '900. Ma la cosa forse più importante è che la sua poesia desta ancora oggi, a distanza di diversi decenni, stupore e ammirazione anche in un lettore distratto per la sua capacità di scolpire in poche parole un ricco mondo poetico.
Le sue poesie possono essere considerate una testimonianza delle passioni e delle inquietudini di una donna che fece della propria libertà il valore supremo. Non un aspetto trascurabile e secondario della sua creazione letteraria, ma un altro volto della sua scrittura incentrata sul binomio vita-arte.
«la sua intonazione più costante è una forma di accostamento ideale alla straordinaria solitudine, rimasta peraltro unica nella nostra storia letteraria, di Leopardi» Giacinto Spagnoletti
Lo spunto ecfrastico (l'ecfrasi è il genere di poesia che descrive un oggetto artistico) rappresenta un interessante punto di partenza che introduce un sottile paradosso: dal momento che Joan Mirò è un pittore notoriamente astratto già l'intenzione di descrivere un suo quadro presume un atto contraddittorio e arbitrario
Al centro della poetica dell'autrice c'è il mondo contemporaneo, la sua sfuggente rappresentazione, la questione dell'identità connessa con una visione globale (a cui è legata per necessità e virtù anche la scelta di scrivere in inglese) che rende i fenomeni della "babele metropolitana", ricompresi in una sincronia totale senza forma né confini, un groviglio di enigmi da decifrare
«la fiducia nello strumento del linguaggio, che è una costante della poesia e letteratura femminile emergente del Novecento (..) si esprime attraverso il rigore e la precisione dell'enunciato poetico. Caratteristica fondamentale, per stessa ammissione dell'autrice, della sua poesia è "l'espressione basata sui concetti e non sui sentimenti"» Giovanna Rosadini
"Albertine è una ragazza fuori dal comune, esempio di rabbia di vivere e di libertà per generazioni. È la prima volta, - scrive Simone de Beauvoir - che una donna parla delle sue prigioni” Fausta Genziana Le Piane
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