TESTAMENTO
Lasciare quello che non si ha
è un po’ come avercelo:
lascio perciò la pensione
alla mia socia che non mi dà
pensieri; la mia cattedra al vicino,
un tassista che conosce le strade.
Lascio i libri al cartolaio
che vende gli stessi raccoglitori
con anelli di quattro centimetri
e l’orrenda copertina di tutti
gli altri. È come gli universitari
che conosco, ma lui non se ne vanta.
Vanno così, dice. Lascio mia moglie
al calzolaio che le farà tacchi
più alti dei raccoglitori per fare
passi da gigante e i miei figli
li lasci all’orfanotrofio
che diventino dei buoni a nulla come me.Da: Animali e uomini, Einaudi, Torino 2003, p. 94
Il testo che abbiamo riportato suona come un singolare e paradossale congedo, se pensiamo che l’autore scomparirà solo due anni dopo, pochi mesi prima di vedere pubblicato Respiro, sua successiva e ultima raccolta di poesia pubblicata in vita. “Dal 1968 al 1974, Krumm vive nella capitale francese, seguendo i corsi di Roland Barthes, all’École pratique des Hautes Études, e i seminari di Jacques Lacan. Scrittura, psicoanalisi e vita da bohémien. Non ha un franco e per tirare avanti gira per caffé e ristoranti, cercando di vendere i disegni del padre, Edoardo, con il quale non ha mai avuto un buon rapporto. Forse solo dopo la morte del genitore, Ermanno tenta di recuperarlo, idealmente, parlando nei propri versi dei suoi dipinti. Nel ’92, Giuliano Gramigna lo porta al “Corriere”, il il 22 settembre esordisce nella pagina dell’arte” – racconta Sebastiano Grasso sul “Corriere della Sera” del 4 febbraio 2015.
“Due anni fa il poeta ci aveva dato, con Animali e uomini, un raccolta in cui, definitivamente, le sue caratteristiche di grande poeta erano tutte in mostra. Le parole lucide, precise, come intagliate nella pietra dura, ma insieme non aggressive, non erano messe lì per stupirti o per esibire la propria suggestione, bensì come per svolgere il ragionamento estremo, impietoso e dolce, sulla vita e sulla morte. Parlava di vita, Krumm, e nelle cadenze dei suoi versi pareva di sentire la respirazione, il fluire del sangue.” ha scritto sul “Corriere” Flaminio Gualdoni il 19 giugno del 2005, pochi giorni dopo la notizia della sua scomparsa.
La fine ironia di questi versi nel giro di due anni si sarebbe tramutata in una tragica beffa. Malgrado la malattia incurabile, riuscì a portare a termine e a pubblicare Respiro, quello che forse involontariamente costituirà il suo testamento poetico. Ma chi si aspetta un tono tragico o grave legato al progresso della malattia rimane deluso. Già dal titolo, così sintetico e inequivocabile, appare evidente che la poesia di Ermanno Krumm rimase fedele fino all’ultimo alla scelta di celebrare nei suoi versi la vita (questo anche nelle poesie che uscirono postume), senza l’ausilio della finzione letteraria, senza retoriche, nella maniera più semplice e diretta.
L’ultimo verso di questa poesia, dal tono leggero e ironico, lascia però intendere un rapporto problematico con il padre, che il lettore può immaginare nel momento in cui rimprovera il figlio. L’ombra del padre ritornerà in maniera più insistente nella successiva raccolta, con la quale però l’autore sembra riconciliarsi. A Edoardo Krumm, pittore che nella vita non raggiunse la notorietà, scomparso nel 1993, il figlio infatti ha dedicato l’ultima sezione di Respiro: È di mio padre che parlo. La successiva nota In margine. Ancora di lui (ritratto del pittore come padre) è ancora più esplicita.
Rileggendo a distanza di qualche anno ciò che colpisce nei versi di Krumm è la sua capacità di condensare in immagini poetiche semplici, per mezzo di un linguaggio comprensibile ma nello stesso elegante, una visione del mondo e della vita complessi e mai banali, senza dimenticare mai quel filo di ironia e autoironia (“Non porta a nulla in poesia/ cercare la poesia. Eppure/ prima che non significhi più nulla/ un qualche niente progredisce,/ si fa spazio. Ora, le parti/ sono maggiori del tutto” scriveva in Siete come gli uccelli del cielo tratta dalla raccolta Felicità del 1998) che dovrebbe essere un compagno di viaggio di tutti quelli che intendono intraprendere il difficile cammino verso la poesia.
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