Quando il tempo si rasserena
Il grande lago somiglia ad un piatto.
gli sta dietro una massa di nuvole,
accatastate come un bianco mucchio
di rigidi, alpestri ghiacciai.Man mano che cambia la luce,
cambia anche il bosco colore.
Ora s’accende tutto, ora è coperto
di un’ombra di nera fuliggine.Quando alla fine dei giorni piovosi
fra le nubi balugina l’azzurro,
com’è festoso il cielo coi suoi squarci,
com’è piena di esultanza l’erba.Sgombrato l’orizzonte, il vento cade.
È effuso il sole per la terra.
Traluce il verde delle foglie,
come pittura su vetri a colori.Nell’affresco di chiesa delle impronte
contemplano l’eterno dal di dentro
con le aureole lucenti delle insonnie
I santi, i romiti, i sovrani.Come se lo spazio della terra
fosse l’interno d’una cattedrale,
dalla finestra mi è dato sentire
a volte l’eco d’un coro lontano.Natura, mondo, cantuccio del cosmo,
io resterò con lacrime di gioia,
penetrato da un brivido recondito,
sino alla fine del tuo lungo uffizio
Boris Pastenak, Poesie, a cura di Angelo Maria Ripellino, Einaudi, 2009
L’opera poetica di questo scrittore, cui l’assegnazione del premio Nobel diede grande notorietà, è caratterizzata come avviene in questa lirica, dall’adesione ai modi espressivi della poetica novecentesca e al tempo stesso da un’ispirazione di tono romantico, inquieta e pensosamente sofferta. Solo a contatto con la natura il poeta ritrova una sua assorta serenità. All’inizio della poesia, tra lago immobile e liscio come un piatto – e cielo la visione del paesaggio immenso è fermata in immagini ampie e severamente solenni. La natura si anima davanti agli occhi del poeta, e l’erba nuova sembra risplendere di gioia per il ritorno del sole. Il verde delle foglie appena spuntate è vivido e luminoso come sono i colori delle vetrate dipinte. Sembra che la voce del poeta voglia aprirsi in un grido di spontanea gioia nel vedere la natura rasserenata. I santi, gli eremiti, i sovrani affrescati sulle imposte delle chiese guardano dall’interno il rifiorire della natura, l’opera di Dio (l’eterno). Con le aureole lucenti delle insonnie: l’aureola d’oro, che circonda il capo dei santi dipinti, suggerisce l’idea della loro rigida immobilità, del loro sguardo fisso che non cede al sonno. La natura è una cattedrale e vengono in mente i famosi versi di Charles Baudelaire (1821-1867): La Nature est un temple… In un improvviso passaggio, la poesia cede ad un sentimento più raccolto e compatto, ma nello stesso tempo più alto ed intenso, un sentimento arcano (recondito) di religiosa commozione.
Nato a Mosca nel 1890, Boris Leonidovič Pasternak cominciò come futurista, non però alla Majakovskij, sibbene alla Chlebnikov e in sostanza nella originalità della sua prima ribellione alle forme consuete e alla consueta concezione della parola, è rimasta sempre una traccia presente (Ettore Lo Gatto, Storia della letteratura russa, Sansoni, 1942, p. 492).
Figlio di un eminente pittore e di una eccellente pianista, e musicista egli stesso (studiò al Conservatorio della sua città), Pasternak ha le sue radici culturali nel mondo prerivoluzionario ed europeo e ne sono testimonianza tra l’altro le sue traduzioni di Verhaeren, Goethe, Kleist, Hervegh, Ben Jonson e dagli espressionisti tedeschi (e la sua passione per Rilke, oltre alla sua conoscenza di Hegel e di Kant); della più vicina atmosfera russa fece suo il desiderio delle novità, ma, individualista di estrema sensibilità, mirò fin dall’inizio ad esprimere se stesso, sia pur disordinatamente, confondendo particolari minuti dell’immediatezza e sfumature alogiche del ricordo (Ettore Lo Gatto, op. cit. pp. 492-493). Pastenak studiò filosofia all’Università e nel 1912 viaggiò in Italia. Visse per molti anni in una dacia vicino a Mosca e ivi si spense nel 1960. Fra le sue opere ricordiamo le raccolte di poesie Il gemello fra le nuvole, Mia sorella la vita, Temi e variazioni, Sui treni mattinali, i poemi L’anno novecentocinque e Il luogotenente Schmidt e infine il grande romanzo Il dottor Živago apparso per la prima volta nella traduzione italiana del 1957; per questo romanzo l’Autore ha ottenuto il premio Nobel 1958.
©Fausta Genziana Le Piane
28 Dicembre 2022 at 17:49
Nato a Mosca nel 1890, Boris Leonidovič Pasternak cominciò come futurista, non però alla Majakovskij, sibbene alla Chlebnikov e in sostanza nella originalità della sua prima ribellione alle forme consuete e alla consueta concezione della parola, è rimasta sempre una traccia presente (Ettore Lo Gatto, Storia della letteratura russa, Sansoni, 1942, p. 492).
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Lo Gatto a quel tempo non aveva tutte le informazioni per essere più preciso circa la storia della evoluzione culturale di Pasternàk, e mi riferisco per ora soltanto a questa frase. Sarebbe stato meglio rivolgersi al suo allievo prediletto AM Ripellino che ne sapeva di più. e che èpiù di tanti slavisti lo ha comoreso meglio.
antonio sagrdo
24 Gennaio 2023 at 14:30
Grazie, tanto più che Ripellino è stato mio insegnante.