Il bacio è la tomba di Dio

La torre del faro nella pianura di neve.
«Il bacio è la tomba di Dio».

C’erano scritte queste insensate parole
sopra l’ingresso della torre…

Ma forse non era quella la torre ma un’altra
che si trova in Siberia, nei pressi del polo artico

dove sorge un’isba; nell’isba c’è Evgenia Arbugaeva
sulla sedia a dondolo, osserva la distesa di neve.

Un pianoforte a coda nella neve suona Lux Aeterna di Ligeti.
C’è scritto: «Hic incipit tragoedia» e, nello spartito,

le parole di Ubaldo de Robertis sull’universo ad anelli.
[Nell’universo c’è un punto. Uno solo, così trascurabile…]

La musica incontraddittoria si solleva dalla neve eterna.
Diventa luce.
[…]
La gondola è vestita a lutto. Carica di morti. Affonda.
Nella picea onda del Canal Grande.

Ponte degli Scalzi.
L’appartamento di Anonymous sul Canal Regio.

Uno spartito aperto sul leggio: La lontananza nostalgica.
Il vento sfoglia le pagine dello spartito.
[…]
Tre finestre. Lesene bianche. Canal Regio.
Due leoni all’ingresso divaricano le mandibole.

[Se ti sporgi dalla finestra puoi quasi toccare
il filo dell’acqua verdastra. Laguna di vetro.]
[…]
Madame Hanska si spoglia lentamente nel boudoir.
Ufficiali austriaci giocano a whist mentre il Signor K. asserisce:

«il tavolo cammina e non cammina perché la contraddittorietà
non può violare il principio di non contraddizione.

Il PNC è auto contraddittorio, non potrebbe essere altrimenti;
mi creda, Herr Cogito, anche i suoi pensieri,

picchi di luce eterna, sono auto contraddittori, collidono,
a sua insaputa, con altri suoi pensieri antecedenti…».
[…]
«L’universo è il cadavere di Dio e noi i suoi vermi.
Anche le parole che ora diciamo, il vento nella sua rovina

le porta via».
[…]
Sulla parete a sinistra del soggiorno e in alto sul soffitto
è ritratta la Peste.

La Signora Morte impugna una pertica
che termina con una falce.

Ammassa i morti e taglia loro la testa.
E ride.

Ritto sulla prua il gondoliere afferra il remo.
E canta.
[…]
Lassù, in alto, strillano gli uccelli e brindano le stelle.
Wagner e List giocano a dadi

in un bar nel sotoportego del Canal Grande.
Tiziano beve un’ombra con la modella

dell’«Amor sacro e Amor profano».
[…]
Madame Hanska al Torcello riceve gli ospiti
nel salotto color fucsia.

I clienti della locanda del buio brindano alla felicità
i calici di Murano scintillano.
[…]
Dio bussa alla porta d’ingresso; dice:
«posso aggiustare il rubinetto,

sistemare la lavastoviglie, riparare il frigorifero,
darle l’indirizzo di una casa di appuntamenti,

ho anche dei numeri per il Lotto…».
Incredibile, disse proprio così.
[…]
Ed entrammo in una stanza bianca, un pianoforte nero al centro.
Un bambino vestito di bianco suonava qualcosa

che i miei cinque sensi non percepivano.
Una voce dal parlatorio diceva:

«Il re morto è un dio vivente, il dio morto è un re che vive,
la tomba del re è la casa del dio

che si è dimenticato di essere un dio…».
Fu a quel punto che quelle parole inaccessibili risuonarono in me

mentre calpestavo il pavimento di linoleum bianco…
[…]
Una grande vetrata si affaccia sul mare veneziano.
“Non c’è anima più viva”, pensai, ma scacciai subito

quel pensiero molesto.
Una sirena cantava dalla spiaggia dei morti:

«Non c’è più lutto tra i morti».
«Non c’è più lutto tra i morti».

poesia inedita da La notte è la tomba di Dio

Da diversi decenni ormai affianchi alla creazione poetica l’attività di critico. Credi sia possibile conciliare le due cose evitando un possibile “conflitto di interessi”?

Non c’è alcun «conflitto di interessi» tra l’attività di critico e quella in poesia, anzi, penso che vi sia un conflitto di non intelligenza che riguarda chi si occupa solo della propria «poesia» e non di quella della altrui poesia.

Imprescindibile nella tua produzione poetica è il riferimento al mondo greco-romano. Cosa credi possa dare al mondo contemporaneo quello della classicità greca e latina

La risposta più eloquente la do con la poesia postata qui sopra.

Il fatto di essere nato a Roma in che modo credi possa avere influito e/o condizionato e/o ispirato la tua creazione poetica?

Roma è un ottimo luogo da cui esplorare il mondo, perché sede del Papato, istituzione erede, anche se impropria, dell’Imperatore dell’impero romano, e perché città cloaca per via della sua inaffondabile mediocrità che le ha consentito di sopravvivere per 1.600 anni dalla caduta dell’impero romano d’Occidente.

Sulla base della tua lunga e approfondita ricognizione critica sulla poesia moderna e contemporanea, quale dovrebbe essere e invece quale realmente è, nell’Italia di questi ultimi decenni, lo status del poeta e lo statuto della poesia?

In Italia e in Occidente, un poeta non ha alcun «status» e né esiste uno «statuto della poesia».

B- * [Una postilla dell’autore]

Paul Valéry scrive : «le gout est fait de mille dégoûts».

Definizione provocazione choc che ci introduce all’interno del concetto di «gusto», concetto che racchiude in sé la massima incontraddittorietà del contraddittorio, ovvero, il «gusto» è un atto incontraddittorio (Kant parlava del “giudizio estetico a priori”) proprio perché contiene in sé tutte le contraddittorietà possibili e pensabili. Io la metterei così: tutte le contraddittorietà possibili e pensabili formano la incontraddittorietà del giudizio di gusto, il quale è in sé una aporia, ma non per un errore del nostro intelletto quanto perché il suo interno è un «luogo» incontraddittorio che chiama la massima contraddittorietà. In questa accezione, in questa mia poesia ho tentato la confluenza e convergenza della massima possibile estensione del contraddittorio che dà luogo alla incontraddittorietà complessiva. Non so se ci sono, almeno in parte, riuscito, ma il tentativo andava fatto e l’ho fatto nell’orizzonte di una «nuova poesia», la quale non può essere interpretata con le categorie con cui si è soliti interpretare la poesia del novecento italiano, essendo essa estranea a quelle categorie critiche. La conclusione mi sembra chiara a questo punto: una poesia se è nuova richiede sempre la costruzione di nuove categorie ermeneutiche, altrimenti diventa incomprensibile. Anzi, la poesia tende a sottrarsi a qualsiasi atto di intellezione che pretenda di inoltrarsi al suo interno. In questo senso, ogni poesia, se è nuova, si presenta con le vesti dell’Enigma, non essendo essa pensabile con le categorie della vecchia metafisica. Si tratta di un «polittico», parola che ritengo idonea, la poesia si compone di più poesie tenute insieme da un misterioso filo conduttore presente nella mia mente.

Ed ora un aneddoto:

cinque anni fa fui trasferito in un ufficio nel circondario del carcere di Rebibbia di Roma. L’ufficio era situato molto lontano, all’interno del circondario del carcere e dovevo ogni giorno fare a piedi un lunghissimo percorso all’interno del comprensorio del carcere, tra il muro di cinta e l’inferriata che dà sulla strada pubblica. E così, ogni giorno camminavo avendo alla mia sinistra il lugubre muro di cinta grigio di calcestruzzo con le torrette di avvistamento, e a destra il prato che confinava con la lunghissima inferriata che perimetra il complesso carcere, il più grande complesso carcerario d’Italia perché comprende ben 4 carceri con 4 direzioni distinte. Camminare accanto a quel muro lunghissimo è stata una esperienza fondamentale, con il sole e con la pioggia, sentivo il freddo del grigio del muro di calcestruzzo, di là i dannati, i detenuti, di qua gli uomini liberi… All’improvviso, un giorno mi viene in mente il verso di inizio della poesia «Il bacio è la tomba di Dio» che non capii da dove fosse uscito, ma lo capii in seguito: il verso era la risposta che la mia mente dava per documentare la condizione spirituale del lunghissimo muro di calcestruzzo alla mia sinistra. La risposta mi era stata data con il verso di inizio; poi tutto il seguito della poesia non è altro che una serie di cripto citazioni e di rimandi a versi di altri poeti che nei successivi cinque anni mi venivano in mente, in modo da costituire un vero e proprio polittico, con salti spazio temporali, interventi di personaggi veri e di fantasia. La poesia – posso dirlo – si è venuta costruendo da sola, senza l’intervento del mio «io», o meglio, io mi sono occupato soltanto della regia esterna, tutto ciò che c’è dentro alla composizione si è formato da solo. Penso che ad un certo punto la poesia abbia iniziato ad esercitare una forza di attrazione verso tutto ciò che essa riteneva di dover attrarre ed ingurgitare, e così spezzoni di citazioni, frasi e icone immaginarie sono state attratte dalla frase di inizio: «il bacio è la tomba di Dio» che, in sé non significa un bel nulla perché vuole significare qualcosa che sta oltre le possibilità espressive del linguaggio ma che è contenuto nel linguaggio.
In un certo senso, la poesia non sarebbe venuta fuori se non avessi accettato di far fare al mio «io» un passo indietro e di porre come orizzonte della significazione e del senso l’indicibile come compito precipuo della poesia.

Soltanto qualche giorno fa il mio ultimo tocco è stato di suddividere la poesia in distici. E il lavoro lo considero ormai ultimato. Dunque, cinque anni di lavoro.

Giorgio Linguaglossa è nato a Istanbul nel 1949 e vive e Roma. Nel 1992 pubblica la sua prima opera poetica, Uccelli (Roma, Edizioni Scettro del Re) e, nel 2000, Paradiso (Edizioni Libreria Croce). Dal 1992 ha diretto la collana di poesia delle Edizioni Scettro del Re di Roma. Nel 1993 ha fondato il quadrimestrale di letteratura «Poiesis» che dirigerà fino al 2005. Nel 1995 redige e firma, con altri poeti, Giuseppe Pedota, Lisa Stace e Maria Rosaria Madonna il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica», pubblicandolo nel n. 7 della rivista da lui diretta. Nel 2003 pubblica il libro di saggi sulla poesia moderna, Appunti Critici – La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte (Coedizione Libreria Croce – Scettro del Re). Suoi saggi sulla poesia contemporanea sono presenti in Linee odierne della poesia italiana, a cura di Roberto Bertoldo e Luciano Troisio (Torino, Quaderni di Hebenon, 2001), e nel volume Sotto la superficie. Letture di poeti italiani contemporanei a cura di Gabriela Fantato (Milano, Bocca, 2004). Per le edizioni Bonaccorso di Verona nel 2005 pubblica il romanzo breve Ventiquattro tamponamenti prima di andare in ufficio. Nel 2006 per la poesia pubblica La Belligeranza del Tramonto (Faloppio, LietoColle 2006). Alcuni suoi saggi sulla poesia contemporanea sono apparsi in “Numen” del 2007, quaderno di critica edito dalla rivista di segni contemporanei «Altroverso» di Campobasso. Ha curato le presentazioni critiche dei poeti inseriti ne La poesia degli anni Novanta. Antologia (Roma, Scettro del Re 2002) ed è presente con alcune composizioni nella Antologia della poesia erotica contemporanea (Roma, Ati Editore, 2006). Collabora in veste di critico con le riviste di letteratura contemporanea: «Polimnia», «Hebenon», «Altroverso», «Capoverso», «Nuova Marginalia». Sue poesie sono state tradotte in spagnolo, inglese e bulgaro. Nel 2007 è apparso il saggio Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia in Atti del Convegno È morto il Novecento? Rileggiamo un secolo, per le edizioni Passigli di Firenze. Nel 2010 escono La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980 – 2009) e il romanzo Ponzio Pilato (Milano, Mimesis, 2010) . Nel 2014 pubblica La filosofia del tè con Ensemble di Roma e nel 2011 esce con Edilazio, La Poesia italiana dal 1945 al 2010.” e, nel 2018, pubblica il saggio con Progetto Cultura, Critica della ragione sufficiente e la raccolta di poesia Il tedio di Dio. Nel 2017 esce con Achille e la Tartaruga il romanzo 248 giorni.