Profondità

Che il capitello alato e la serena cimasa si svolgano
in nuvole
e che l’alta finestra sciolga le sue braccia e in tenui cieli
perda il suo gesto,
che la statua col suo nome si veda spezzata in grandi
neutri rottami,
che le scale non abbiano più scopo e quindi gli occhi
non le capiscano,
– ah, tutto ciò è un vago disastro di impalcature e povere…

Ma le fondamenta piantate persistono, benché gli uomini
sentano soltanto
un muschio più denso che irretisce i passi della follia
e ritarda la morte.

Profundidade

Que o alado capitel e a serena cornija em nuvens
se desenrolem,
e a alta janela desate os seus braços e em céus tênues
perca seu peso,
que a estátua com seu nome se veja partida em grandes
escombros neutros,
que as escadas não tenham mais finalidadde e os olhos
não as entendam,
– ah, tudo isso é um vago desastre de andaimes e poeira…

Mas o alicerce enterrado persiste, embora os homes
sintam sómete
um musgo mais denso que enreda os passos de loucura
e atrasa a morte.

da: Lirici brasiliani dal modernismo a oggi, Silva editore, Milano 1960, pp. 308-308, traduzione di Ruggero Jacobbi.

Cecilia Meireles nasce nel 1901 a Rio de Janeiro (coetanea dell’altro grande poeta brasiliano Murilo Mendes), quello che era stato il centro della vita politica e culturale del paese per oltre un secolo. Suo padre e tre fratelli morirono prima della sua nascita, perse la madre quando aveva tre anni. Cominciò a scrivere versi a nove anni e ricevette i primi riconoscimenti alla Escola Normal di Rio de Janeiro, dove fu il celebre poeta Olavo Bilac a consegnarle una medaglia. In questi anni frequentò anche il conservatorio, dove studiò canto e violino. Poco dopo essersi diplomata, nel 1917, cominciò a insegnare e due anni dopo, nel 1919, uscì il suo primo volumetto di poesie Espectros, composto da diciassette sonetti prefatti dall’accademico Alfredo Gomes. Il talento della insegnante diciottenne non passò inosservato. Il recensore di questo libro, João Ribeiro profetizzò: «Con il talento poetico e le qualità rivelate qui, Cecilia Meireles acquisterà presto e senza un grande sforzo quel riconoscimento di poetessa che giustamente le compete». Al 1922 risale un evento che aprì una nuova fase nella cultura brasiliana definito come “modernismo”: la “Semana de arte moderna” a São Paolo, concepita inizialmente come anti-festival delle celebrazioni ufficiali del Centenario. Le spese vennero sostenute dall’alta finanza e dall’alta borghesia paulista. Alla base della manifestazione c’era un’esposizione di scultura, di pittura e architettura. Ma la grande attrazione furono i tre spettacoli dedicati a “pittura e scultura”, a “letteratura e poesia” e alla filosofia moderna. Questo evento segnò l’ingresso nella legalità del movimento, fino a quel momento clandestino, dei “futuristi-modernisti”. Una nuova estetica si affermò negli anni appena successivi a questo storico evento. Lo sperimentalismo iconoclasta tipico delle avanguardie europee si andava diffondendo in tutte le arti. La pubblicazione della raccolta Paulicéia desvairada del poeta di São Paolo Mario de Andrade, sempre nel 1922, aprì una nuova stagione nella poesia brasiliana. Anche dal punto di vista linguistico la pubblicazione di questo raccolta segnò l’inizio di una nuova era nella quale i vocaboli del brasiliano portoghese facevano il loro ingresso nella lingua letteraria. In quello stesso anno Cecilia si sposò con l’artista portoghese Fernando Correia Dias. Due anni dopo, nel 1924 uscì la seconda raccolta Criança, meu amor e nel 1925 Balladas para el-rei, con le illustrazioni del marito.(le poesie di queste prime tre raccolte vennero però successivamente rinnegate dall’autrice, che non le ristampò nelle successive antologie). Tra il 1927 e il 1935 la Meireles fondò e lavorò alla rivista Festa, del quale il marito ne curò la veste grafica. La linea della rivista fu tracciata da alcuni articoli del poeta Tasso da Silveira, nel quale il modernismo veniva ricollegato al simbolismo (tesi fortemente avversata da Mario de Andrade). Furono anni decisivi per la Meireles. Quando sulla rivista uscivano i suoi poemi, erano sempre salutati da un grande successo anche in termini di vendite. Tra il 1930 e il 1934 lavorò al Diário de notícias», il principale quotidiano di Rio de Janeiro. Nel 1934 fu la promotrice dell’apertura della prima biblioteca per bambini in Brasile. L’anno successivo fu invitata dal governo portoghese a tenere alcune conferenze sulla letteratura brasiliana ma nel 1936 suo marito si suicidò e per provvedere al mantenimento delle tre figlie accettò di lavorare per giornali e riviste e cominciò ad insegnare letteratura luso-brasiliana all’università del Distretto federale. La pubblicazione del volume Viagem, poesia (1929-1937), nel 1929, segnò la consacrazione definitiva dell’autrice che grazie a questa pubblicazione venne accolta nella Academia Brasileira de Letras. Di lei ha scritto Luciana Stegagno Picchio: «Cecilia, “pastora delle nuvole”, è un’isola nella storia della poesia modernista. La vita fu a suo modo partecipante: l’insegnamento elementare, il giornalismo, gli interessi didattici e divulgativi, le lezioni di letteratura brasiliana in patria e all’estero, il gusto (Mario de Andrade) per il folclore. Il poeta tuttavia è sdegnoso e ripiegato su se stesso: un gusto quasi decadente per il verso armonioso, per la rima rara e per un ermetismo intellettualistico. E anche nell’apparente condiscendenza alla vita, ma insieme nell’atteggiamento stoico, di rifiuto del piacere e del dolore, nell’interiorizzazione e riduzione all’io di tutti i fatti cosmici, c’era in Cecilia Meireles una specie di moderna sfiducia nel finalismo: fosse pur esso quello della poesia. È per questo forse che nei sui versi musicali, ben costruiti, in cui s’avverte la lezione simbolista, ritorna tante volte l’immagine del mare. È lo stesso mare della tradizione poetica portoghese, ma anche un simbolo moderno di autosufficienza dell’espressione. In questo senso il mare si identifica col poeta che: “Non ha bisogno della meta fissa della terra, / lui che, allo stesso tempo, è il ballerino e la sua danza». (da: La letteratura brasiliana, Sansoni Firenze 1972, p. 564-565). Cecilia sarà, come pochi altri poeti del Brasile moderno, poeta portoghese nel senso ampio del termine, accettata e amata di qua e di là dell’Oceano, in patria come in Portogallo. Molti poeti della generazione successiva ebbero per Cecilia una vera e propria venerazione, considerandola come la prima e principale restauratrice della forma. Rileggendo oggi le sue poesie, colpiscono per la loro semplice e luminosa architettura, per una lingua priva di eccessi ma mai banale o superficiale.