Adam Zagajewski

Morandi

Gli oggetti vegliavano anche di notte,
mentre lui dormiva sognando l’Africa;
la brocca di porcellana, due annaffiatoi,
le verdi bottiglie da vino, un coltello.
Quando dormiva sodo, come può dormire
solo un artista esausto, stremato,
gli oggetti ridevano, prossimi alla rivolta.

L’annaffiatoio, ficcanaso dal lungo becco,
sobillava gli altri, febbrile,
e il sangue pulsava selvaggio nella porcellana
ignara del tocco di labbra assetate,
solo occhi, sguardo, percezione.

Di giorno erano più docili e persino fieri:
tutta la ruvida esistenza del mondo
trovava rifugio in questi oggetti,
abbandonando per un attimo il ciliegio
in fiore e il cuore afflitto dei morenti.

Murilo Mendes

Morandi

Morandi controlla il sonno delle bottiglie
che a loro volta controllano
la veglia di Morandi

Sotto i portici bolognesi
Morandi cammina
orfano di padre e di bottiglia.

Tratte da: Adam Zagajewski, Dalla vita degli oggetti, Adelphi, Milano 2012, p. 78; Murilo Mendes, Ipotesi, Guanda, Milano 1977, p. 59.

Una singolare coincidenza unisce due poeti così lontani, come Adam Zagajewski e Murilo Mendes, provenienti da due continenti diversi e lontani (la Polonia nel lungo crepuscolo del regime comunista di Adam e il Brasile cosmopolita di Murilo), due generazioni lontanissime (Murilo era nato nel 1901 mentre Adam nel 1945). Un interesse e una passione per la pittura e le arti figurative che entrambi hanno coltivato in tempi e modi diversi nella loro creazione letteraria li ha fatti incontrare idealmente sotto i portici di Bologna, lì dove aveva abitato per tutta la vita e dipinto (le due cose in questo caso sono quasi sinonimi) Giorgio Morandi.

Nel caso di Mendes, fu fondamentale l’amicizia con il pittore Ismael Nery, il quale gli trasmise quella passione per le arti figurative che il giovane poeta si porterà dietro per tutta la vita nel corso dei suoi viaggi e lunghi soggiorni in Europa, dopo la precoce scomparsa del suo amico nel 1934, a soli 33 anni (fu un colpo duro per Murilo, che visse in questa occasione una profonda crisi spirituale a seguito della quale si avvicinò alle correnti del modernismo spiritualista che promuoveva un ritorno al cristianesimo delle origini). I due si erano conosciuti a Rio de Janeiro, dove il futuro poeta si era trasferito intorno al 1920. I viaggi a Parigi dell’amico pittore lasceranno in eredità a Murilo i contatti con la colonia degli artisti che vivevano a Parigi (tra cui Marc Chagal, con cui il poeta intrecciò una corrispondenza). Ma l’amicizia con Nery fu fondamentale anche per un altro motivo: fu proprio in occasione della mostra dell’amico pittore, nel 1929, che Murilo, ancora prima di pubblicare le prime poesie, esordì in veste di critico d’arte, attività che coltivò poi parallelamente alla propria creazione letteraria per tutta la vita. Quando, nel 1952, Mendes arrivò in Europa come addetto culturale in Belgio, Olanda e Parigi, ebbe modo di frequentare e conoscere gli artisti locali, abitudine che non perse a Roma, dove i suoi amici artisti gli chiedevano spesso di scrivere presentazioni delle loro mostre di pittura. Ma capitava frequentemente che i suoi interessi per le arti figurative contagiassero anche la sua creazione letteraria, come testimonia anche questa poesia dedicata a Giorgio Morandi, che fa parte della raccolta Ipotesi, la prima e unica scritta direttamente in italiano, la quale venne pubblicata postuma nel 1977 (un anno dopo la morte dell’autore), ma che il poeta aveva avuto il tempo di preparare in vista di una pubblicazione, nella quale sono contenuti molti brevi componimenti, schizzi, appunti, abbozzi dedicati a pittori e quadri che lo avevano colpito.

Il caso del poeta polacco è completamente diverso. Aveva esordito nel 1972 a Cracovia, città dove si era trasferito per studiare all’università Jagellonica psicologia e filosofia con la raccolta Komunikat, legata al clima e alla poetica della Nowa Fala, il movimento nato in seno al ’68 polacco. I poeti della Nowa fala cercavano nuove forme letterarie per esprimere tutta la loro rabbia e il loro malcontento nei confronti del regime comunista e della censura. Quando, nel 1975, firmò una lettera di protesta, gli fu imposto il divieto di pubblicare. Nel 1981 lasciò la Polonia per un lungo soggiorno a Parigi. Nel corso degli anni le istanze legate alla contestazione hanno lasciato il posto a una pacata riflessione sulla storia e sulla cultura. Quella di Adam Zagajewski è una poesia intellettualistica, punteggiata da frequenti riferimenti a scrittori, compositori e artisti. A proposito di questa poesia, giustamente nota la traduttrice italiana: «Nell’immobilità della pittura, il poeta intravede il paradossale convivere di esistenza e annientamento, in quando contrarre la vita in un istante richiama l’idea della morte. I quadri sono in senso stretto “nature morte”, per cui a essi si associa l’inquietudine e il dolore, la consapevolezza che una dimensione diversa presuppone l’annientamento della dimensione presente. Allo stesso modo però ciò che è morto rivive, ciò che è statico diviene dinamico. I quadri si animano (..). In Morandi, la brocca, le bottiglie e gli altri oggetti dello studio del pittore pulsano di emozioni e sentimenti di rivolta nella notte, e animare gli oggetti è, come abbiamo visto, uno dei tropi di Zagajewski» (di K. Jaworska, La poesia tra incanto e ironia, in: A. Zagajewski, Dalla vita degli oggetti, Adelphi, Milano 2012, p. 220). Anche dal punto di vista contenutistico i due poeti, curiosamente, convergono in un punto: la dimensione onirica come punto fondamentale di lettura dell’opera del pittore bolognese.