Nominerò le cose
Nominerò le cose
ultimi piani che il vento corteggia,
gli anditi profondi, i paraventi
che si chiudono all’ombra e il silenzio.Dirò gl’interni sacri, la penombra
che solcano gli uffizî polverosi
e il legname dell’uomo, il notturno
legname del mio corpo quando dormo.La povertà della casa, la polvere
dove testarono le orme paterne,
luoghi di pietra limpida e sicura,
spogliati d’ogni ombra, sempre uguali.Non dimentico la pietà del fuoco
nel rigore della casa distante
né il lieto sacramento della pioggia
nell’umile corolla del mio parco.Né il tuo stupendo muro, mezzodì
terso, indaco e interminabile.Nominerò le cose, così lento
che quando avrò perduto il paradiso
della mia via, che l’oblio muta in sogno,
possa chiamarle di colpo con l’alba.Voy a nombrar las cosas
Voy a nombrar las cosas, los sonoros
altos que ven el festejar del viento,
los portales profundos, las mamparas
cerradas a la sombra y al silencio.Y el interior sagrado, la penumbra
que surcan los oficios polvorientos,
la madera del hombre, la nocturna
madera de mi cuerpo cuando duermo.Y la pobreza del lugar, y el polvo
en que testaron las huellas de mi padre,
sitios de piedra decidida y limpia,
despojados de sombra, siempre iguales.Sin olvidar la compasión del fuego
en la intemperie del solar distante
ni el sacramento gozoso de la lluvia
en el humilde cáliz de mi parque.Ni tu estupendo muro, mediodía,
terso y añil e interminable.Con la mirada inmóvil del verano
mi cariño sabras de las veredas
por donde huyen los ávidos domingos
y regresan, ya lunes, cabizbajos.Y nombraré las cosas, tan despacio
que cuando pierda el Paraíso de mi calle
y mis olvidos me la vuelvan sueño,
pueda llamarla de pronto con el alba.
tratta da: En la calzada de Jesús del Monte, 1949, traduzione di Francesco Tentori Montalto, in: L’oscuro splendore, Edizioni Accademia, Milano 1973, p. 23
Questa lirica appartiene alla raccolta con cui Eliseo Diego, all’età di ventinove anni, aveva esordito nel 1949 (ma in precedenza aveva pubblicato due raccolte di racconti, En las oscuras manos del olvido, nel 1942, a cui fece seguito, nel 1946, Divertimentos). Era nato nel 1920 ad Arroyo Naranjo, un paesino nei pressi de l’Havana, in una grande villa costruita dal padre (spagnolo originario dell’Asturia), dove il futuro poeta vivrà fino all’età di nove anni. Al 1926 risalgono i primi viaggi in Europa (Francia e Svizzera) con la famiglia che, stando a quanto dichiarò l’autore nelle sue memorie, saranno fondamentali per la sua formazione. Nel 1929, a seguito della Grande depressione, il padre è costretto a cessare la propria attività e ad affittare la villa di Arroyo Naranjo. La famiglia si trasferì al Vedado (un quartiere de l’Havana). Si iscrive al locale liceo La Luz dove conosce Cintio Vitier, poeta e sodale di una vita, con il quale, nel 1936, fonda la rivista studentesca La luz. Nel 1940 si iscrive all’università, alla facoltà di Giurisprudenza, ma non porterà mai a termine gli studi di diritto (al pari del suo amico Vitier). L’anno successivo conosce Bella García Marruz, che sarà sua moglie e compagna per tutta la vita, sorella di Fina, poetessa (debuttò con il libro Poemas nel 1942) che divenne la moglie del suo amico Cintio Vitier. Nel 1942 Eliseo Diego pubblica la sua prima raccolta di racconti e due anni più tardi, nel 1944 (l’anno in cui morì suo padre), è tra i fondatori della rivista «Origenes», rivista, diretta da José Lezama Lima, attorno alla quale si raccoglieranno i migliori poeti e pittori cubani. Nei suoi dodici anni di attività, la rivista segnerà un punto di riferimento, un laboratorio imprescindibile non solo per la realtà culturale dell’isola, ma anche per tutto il mondo ispanofono (vi collaborarono, tra gli altri, anche Juan Ramon Jimenez, Vicente Aleixandre e vi comparvero traduzioni di Albert Camus, T. S. Eliot e Wallace Stevens).
Il debutto poetico di Eliseo Diego avvenne quindi sotto l’ala protettiva di José Lezama Lima, riconosciuto maestro di una intera generazione di poeti cubani. Scrive a proposito Martha L. Canfield: “Il sistema poetico di Lezama si costruisce a partire dalla sua fede nel potere salvifico della poesia, fede ricevuta dalla tradizione simbolista e accentuata dalle speculazioni sulla poesia pura”. Tale concezione sarà al centro dei poeti del gruppo di «Origenes» (In: Infrazione dell’avanguardia. Poesia pura ed esistenziale, in: Storia della civiltà letteraria ispanoamericana, Utet, Torino 2000, p. 349).
La poesia citata rappresenta una dichiarazione di poetica e, al tempo stesso, un esempio eloquente della sua poetica che il suo traduttore italiano, Francesco Tentori Montalto (anche lui pregevole poeta) insieme alla critica cubana individua nella “profonda enormità” della realtà rammemorata, nell'”oscuro mistero familiare” tratto dalla luce e nella “frontiera di caos” che le cose sprigionano. “Poeta della memoria, Diego traccia un paesaggio che è insieme il paese reale e un limbo del ricordo (..) Sogno e memoria, non agevoli a distinguersi, sono il nutrimento della sua poesia, per la quale Cintio Vitier parla di «preziosismo della nostalgia»”, scrive ancora Francesco Tentori Montalto (da: Introduzione alla poesia ispanoamericana, in: Poeti ispanoamericani del ‘900, Eri edizioni Rai, Torino 1971, pp. 46-47).
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