Fisarmonica

Romanzo del cuore
quando le mani si stringono.
(Viandanti bianchi i negri
pei tuoi paesaggi senza terra.)

Io non li vedo nell’aria,
mi sfuggono per la tua strada,
Ma la tua strada è sí ampia,
è sí ampia!… che li vedo…

Ecco qui i paesaggi
che evoca la tua tastiera.
Quando i negri ti stringono
stanno stringendo se stessi.

Entrano nel tuo ventre.
Per questo il tuo ventre, a volte,
per un dolore si torce
come fa il corpo umano.

È che il tuo corpo, il tuo corpo
è di metallo e d’albero
se è muto
ed è di carne
se lo ascolto.

Non dicano che al negro
tu non strappi l’anima.
Tu, ogni volta che respiri,
gliela strappi…

Tu possiedi grida che hanno
qualità di buco.
È che da quelle fessure
vedo l’anima dei negri.

Stan come Dio di notte
che per non dimenticare la Terra,
si mette a osservarla da tutti
i buchi delle stelle.

Acordeón

Novela del corazón
cuando las manos te aprietan.
(Viajeros blancos los negros
por tus paisajes sin tierra.)

Yo no los miro en el aire,
se me van por tu camino,
Mas, tu camino es tan ancho,
¡ es tan ancho !… que los miro…

Están aquí los paisajes
que caben en tu teclado.
Cuando los negros te aprietan
se están ellos apretando.

Se te meten en tu vientre.
Por eso, tu vientre, a ratos,
por un dolor se retuerce
lo mismo que el cuerpo humano.

Es que tu cuerpo, tu cuerpo
es de metal y de árbol
si está mudo,
y es de carne
si lo escucho.

Que no me digan que al negro
tú no le sacas el alma.
Tú, cada vez que respiras,
se la sacas…

Tú tienes gritos que tienen
cualidades de agujero.
Es que por esas rendijas
miro el alma de los negros.

Están como Dios de noche
que por no olvidar la Tierra,
se pone a verla por todos
los agujeros de estrellas.

Nella sua autobiografia Historia de mi voz del 1964 Manuel del Cabral scrisse: «L’uomo si dibatte tra due abissi: l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Non conosce né la profondità dello spazio infinito né l’immensità dell’interno dell’atomo. Però tra questi due abissi l’uomo può scrivere la sua storia, la sua testimonianza terrestre come ospite di questa goccia cosmica, che ancora gira come gli altri mondi mossi senza dubbio da un pensiero supremo».

Anche se il tema della negritudine può essere scorto anche in altri scrittori dei Caraibi, Cabral fu il primo che si rivolse alla popolazione di colore con serietà, rispetto e compassione. Anche se nella maturità si rivolse verso temi più esoterici, non smise mai di dare voce ai più umili e diseredati mostrando compassione verso le sofferenze dell’uomo inteso come individualità.

Il più noto poeta domenicano del ‘900 (e forse in assoluto) era nato a Santiago de los Caballeros nel 1907, terzo figlio di Mario Fermin Cabral e Amalia Tavaros. Il padre, che in gioventù aveva cominciato a lavorare come barbiere, aveva raggiunto la posizione di presidente del senato e con la sua posizione favorì l’ingresso del figlio nel corpo diplomatico. La madre morì quando il poeta era ancora giovane e la zia, sorella della madre, che non si era sposata, si prese cura di lui. Cabral, nella sua autobiografia, si descrisse come un bambino infelice pieno di tristezza. Soffrì la mancanza della madre, anche se non ebbe modo di conoscerla e spesso si servì dell’ironia per mascherare il dolore della perdita.

Si diplomò alla Escuela Normal de Santiago malgrado la sua insofferenza nei confronti della disciplina. Malgrado la sua riluttanza intraprese gli studi di giurisprudenza grazie alle pressioni del padre. Ma nel 1931 esordì con la raccolta di poesia Pilón: Cantos al terruño y otros poemas nella quale era contenuta la poesia A mi padre, nella quale metteva in chiaro la sua volontà di seguire la vocazione poetica. Trasferitosi a Santo Domingo, entrò in contatto con l’intellighenzia locale. Entrò a far parte de “la cueva” (in it: “la grotta”), un circolo di letterati (principalmente poeti) già affermati sulla scena letteraria del paese. Insieme ai membri di questo circolo, anche il giovane Manuel rifiutava i valori domenicani tradizionali e specialmente la devozione verso il passato coloniale, il disprezzo nei confronti di Haiti e gli Haitiani e l’identificazione con l’Europa bianca e cattolica. Queste tendenze innovatrici, la ricerca di nuove forme, come il verso libero, nelle quali trovava spazio la musicalità e i colori delle tradizioni popolari, tali idee furono espresse in maniera più precisa da Domingo Moreno Jimenez e presero il nome di postumismo: un movimento nato nel 1921 che postulava una libera espressione della poesia senza alcun condizionamento sociale e intellettuale, la sperimentazione e l’innovazione della lingua e delle immagini poetiche legate però alla realtà culturale e sociale dell’isola.

Scrive a proposito Giuseppe Bellini nella sua Introduzione all’antologia Poeti delle Antille: «Col postumismo ci troviamo di fronte a un movimento non ancora moderno nel senso stretto del termine. Ma qualcosa di nuovo c’è, e di fondamentale, come il ripudio della letteratura precedente, l’affermazione della necessita di un’interpretazione sincera dell’anima del paese, il rifiuto di ogni falso preziosismo (..) Il significato innovatore del postumismo sta soprattutto nella carica polemica che esso dà all’ambiente culturale (..) e nella scoperta del paesaggio nazionale quale tema della poesia» (pp. 32-34)
Nel 1938 Manuel si trasferì a New York e lavorò per tre mesi come lavavetri dei grattacieli della metropoli nordamericana. Successivamente si trasferì a Washinghton DC ed entrò nel corpo diplomatico. In questi anni cominciò a dipingere, passione coltivò parallelamente a quella della scrittura. Nelle sue memorie descrisse la sua vita nel corpo diplomatico di Whashinghton come claustrofobica. Fu trasferito a Bogotà, dove entrò più facilmente in contatto con il mondo delle lettere locali. Dopo sei mesi di servizio presso l’Ambasciata di Bogotà, fu trasferito a Panama, in Perù e in Cile e, nel 1940, prese servizio presso l’Ambasciata a Buenos Aires, dove conobbe e sposò una donna argentina con la quale ebbe quattro figli. Furono questi gli anni più produttivi, nei quali ebbe modo di stringere contatti con i maggiori intellettuali dell’America latina e, nel 1941, pubblicò a Buenos Aires Tropico negro, la raccolta di poesia considerata una sorta di manifesto della cosiddetta “poesia negra”, in aperta opposizione con i postulati e le pratiche del dittatore Rafael Leonidas Trujillo, impegnato in una lotta senza quartiere contro Haiti e gli haitiani in favore di una presunta identità ispanica, cattolica e bianca. L’anno successivo Manuel pubblicò la raccolta Compadre mon, denuncia degli abusi compiuti dal dittatore domenicano e, nello stesso tempo, esaltazione dei valori del folklore domenicano (Don mon, a cui si riferisce il titolo della raccolta, è un eroe della tradizione popolare di Santo Domingo). Anche in De este lado del mar, del 1949, l’autore non manca di denunciare la politica neo-colonialista statunitense nei paesi dell’America Latina, ma già nella successiva Sexo y alma, del 1956, prevalgono temi più metafisici e intimisti. Nel 1948 era stato mandato in Europa, dove visse negli anni successivi. A Madrid, dove si era trasferito, entrò in contatto con le figure più importanti dell’intellighenzia spagnola. Nella capitale spagnola, tra il 1951 e il 1952 si tennero anche due mostre dei suoi quadri. Successivamente si trasferì a Parigi, dove entrò in contatto con Paul Eluard e fu fortemente influenzato dai surrealisti, come è testimoniato dalle raccolte di poesie di questi anni: Los huéspedes secretos, del 1950 e Pedrada planetaria, del 1958. In quello stesso anno, mentre Cabral era in servizio presso l’ambasciata argentina, quando il dittatore domenicano ruppe con l’Argentina, Manuel del Cabral si dimise dal corpo diplomatico domenicano e si schierò apertamente contro Trujillo. Il quale patrocinò una campagna di stampa contro il poeta, nella quale questi venne accusato pubblicamente di essere un ingrato parassita, avendo in passato beneficiato di privilegi da parte del padre-padrone domenicano. Nel 1956 Manuel del Cabral pubblicò a Buenos Aires la sua prima raccolta di racconti di ispirazione surrealista Treinta parabolas. Quando nel 1963 fu eletto nel corso delle prime elezioni libere e democratiche Juan Bosch il poeta fu reintegrato nel corpo diplomatico. Ma il colpo di stato militare, a sei mesi dall’insediamento, che mise fine a questa esperienza democratica, segnò la fine di questa breve parentesi. Di nuovo Cabral si dimise dal corpo diplomatico mentre era in servizio in Cile. Successivamente, tornò in Argentina. Come reazione a questi eventi scrisse La isla ofendida, che uscì nel 1965. Tra la seconda metà degli anni ’60 e i primi ’70 visse a Buenos Aires, dove continuò a pubblicare raccolte di poesia e di racconti. Nel 1980 tornò definitivamente nella Repubblica Domenicana, dove morì nel 1999 dopo aver ricevuto tutti gli onori e i premi.