Per amico, sei fratello a vederti…
Sorriso e gesto senza parole:
e non ci sono incontri
né momenti al sentire
di quest’anima appartenere…
Sei amico con l’andatura
sicura dei gesti posati
al mondo che gira e non sente,
domato inferno sopra le linee,
dolci colline schiarite orizzonti…
E la tua parola migliore?
questo silenzio dosato esempio,
occhio al lungo guardare
cenno stoico possibile
in nuce del fare.
da: Un gallone di kerosene, Transeuropa, Massa 2019, p. 12
Henry Ariemma è nato a Los Angeles nel 1971 e vive a Roma. Suoi componimenti sono apparsi su riviste e litblog specializzati. Per Ladolfi pubblicato le raccolte di poesie Aruspice nelle viscere (2016) e Arimane (2017). Di lui ha scritto Plinio Perilli, nella Postfazione alla citata edizione: « Stilisticamente – e vale per tutta o quasi la sua produzione – Henry Ariemma parte da un incipit brevilineo, da un periodare eminentemente lirico, in prosodia melodiosa d’accenti dinamici e d’intonazione… per poi sempre più allargarsi, allungarsi, volutamente irretirsi, quasi impantanarsi in una prosa lirica (potremmo dire in una caustica sequela di polimetri, utili, anzi indispensabili per il suo discettare all’unisono poesia e pensiero, filosofemi e gemme o gangli sintattici..)». A proposito del suo stile così peculiare ha scritto Elisabetta Favale: «Un continuum lirico il cui linguaggio semplice è investito del compito di liberare le parole che premono, urgenti, per uscire e alleggerire Henry Ariemma del carico rattratto di pensieri» (Linkiesta, 21/3/2020)
Quali sono stati i poeti più importanti nel suo apprendistato, quelli che nella sua formazione ritiene abbiano avuto un ruolo importante o quelli a cui le è capitato, agli inizi, di ispirarsi o con i quali ritiene di avere un qualche debito?
Parlando di apprendistato e prima di altri poeti la formazione inizia con una personale attenzione alla parola e parole affini alla propria poesia, funzionale al discorso da comunicare per il lavoro di suono e significati a una espressione giovane volta alla compressione del discorso poetico e di paradossale apertura alla moltiplicazione dei significati e con letture di Mallarmé, Verlaine, Trakl, Ungaretti, Majakovskij, Montale.
Parlando di debiti e come qualcuno dice di “uccidere i maestri” che di sicuro non vanno uccisi ma dimenticati sì e non di proposito ma pensando a qualcos’altro, forse se stessi? Credo che le letture sempre attente di poeti affini alla propria espressione o al suo miglioramento siano di affiancamento al risultato che si vuole perseguire, altrimenti si diventa epigoni di altri, quindi la propria voce che canta anche con echi dimentichi e non voluti di altri poeti con l’acquisto successivo (di inizio e senza fine) volto a una maggiore narrazione nel discorso poetico ed efficacia con l’approfondimento e letture dei classici Latini, Luzi, Pavese e Fiori.
Quali ritiene sia il modo più valido e corretto per accostarsi alla poesia contemporanea (e alla sua poesia) da parte di un giovane che passa dalla lettura della poesia alla scrittura?
Parlare di un modo valido è limitante, penso ci sia una pluralità di modi come anche plurale è la produzione poetica contemporanea che si può classificare ancora come lirica, civile, ideologica per non dire sperimentale o slam poetry, ecc. Ma se si vuole comunque accomunare un approccio contemporaneo singolo (in questo caso alla mia e anche in parte altrui poesia) non può che essere quello di calarsi consapevolmente (e criticamente) nella propria contemporaneità con tutti i significati che ne consegue di società liquida (il sempre abusato Bauman) e di mancato riferimento ideologico o relativismo in ogni campo dalle istituzioni alle relazioni e quindi con questo “vuoto di potere” o finta “maggiore libertà” in ultima analisi credo ci possa essere un modo (uno) per accostarsi alla poesia di oggi e a chi meglio possa o voglia intercettare gli elementi utili che con la lettura si traducano in proprie personali scritture.
Ritiene che la poesia contemporanea debba essere accessibile anche a un pubblico più vasto, oppure ritiene inevitabile il confino in una cerchia ristretta di lettori e critici?
La poesia contemporanea ha acquisito un alto grado di democratizzazione: c’è alto e basso come con la macchina, tutti la possiedono che sia Ferrari o Cinquecento, dico meglio: la poesia contemporanea è già accessibile ad un pubblico vasto (a scapito della qualità) con poeti social con tanti follower quindi con potere ad essere pubblicati anche con case editrici di riferimento. La restante poesia di qualità intermedia e alta si raggruppa nell’esile cerchia dei lettori critici o almeno ci prova, e sono convinto dell’inevitabilità di questa forbice che allontana sempre di più la qualità alla quantità per non credere che a questa mancanza di spazi sulla carta e sugli stessi blog di riferimento si possa compensare con una fioritura inattesa di altri blog come di nuovi giornali a mettere le anime nei propri tritacarne come ad escluderne tutti gli altri nel mare basso farneticante quando invece la legittimazione letteraria passa sì in più esigui binari ma soprattutto in qualche passaggio (e per fortuna sono pochi anche se ahimè quotati) chiudono in linguaggi autoreferenziali che a volta sono solo ideologici e al malcelato fastidio per gli altri con esibizioni onnipotenti alla bianca barba nella scelta dei loro decantati e innalzati celesti pochi affini.
Qual è e quale potrebbe essere il ruolo dei social nella poesia contemporanea? In che rapporto è la sua poesia con il mondo dei social?
Un ruolo forse di ampliare in orizzontale a scapito del verticale? Quindi di appiattire sempre più verso il basso la costante di dignità letteraria? Social che in questo periodo di clausure obbligate hanno mostrato non poco squallore di poeti anche affermati e con nobili pubblicazioni editoriali ad esternare in vesti discutibili ancora più discutibili esternazioni poetiche?… Credo nella centralità del libro come anche dei social ma a completamento, affiancamento nella comunicazione (rispondo anche del rapporto della mia poesia) per l’affermazione di un progetto dell’Editore che possa essere anche capillare se si hanno contatti giusti (follower) ma che ritornerà sempre come boomerang alla realtà cartacea del libro con la sua presenza o meno (più probabile) nella realtà distributiva e libraria ma a favore sempre di più a quelle on-line (stesse librerie) ed anche sui siti delle Case Editrici.
È come una rivoluzione a metà questo ruolo, sempre indietro come a dire o a figurarsi del giorno in cui i social metteranno in vetrina la potenziale vendita degli e-book… Mi chiedo, quanti rinunceranno al libro per un fascio di luce sugli occhi a perdersi nel computer senza importanza fisica come lo sono state ad esempio le foto non più avute perché intangibili con il digitale (che si perdono o cancellano per motivi di spazio) che hanno sostituito i nostri album (di carta) e per di più alla sempre dimentica stampa fotografica che come con i libri e gli ebook sono equivalenti nel prezzo o quasi? Quindi è altro e non propriamente un libro nelle proprie mani questo colorato e semovente parlato nel mare digitale dei social che mai accomuna ai blog o lit-blog come anche ai siti delle vere e proprie riviste che si affidano all’abbonamento digitale perché rappresentano oggi la rinascita della Rivista letteraria e di poesia pur se con qualche taglio di impostazione o di lunghezza che il mezzo richiede come anche alla diversa e a volte difficile fruizione che ne consegue.
La sezione Desinenze della sua recente raccolta Un gallone di kerosene è un lungo poema nel quale la poesia arriva alla soglia della narrazione. Ha mai avuto la tentazione di passare al racconto? Ritiene che la poesia e la narrativa debbano e/o possano contaminarsi reciprocamente?
La poesia e la narrativa non devono aprioristicamente sincretizzarsi e non ho osservazione a qualche motivazione che non sia l’unica modalità efficace all’espressione di un dettato poetico, quindi possono contaminarsi nel limite di polimetri (o altro caso di espressione poetica) se l’andamento lo richiede e come caso personale nel ritmo quasi ebbro di coscienza (Desinenze) del parlare aperto, diretto senza perdere gli a capo e nel distinguersi sempre poesia all’abbordaggio capiente dei più descrittivi spazi.
Una parola che ricorre assai frequentemente nella sua ultima raccolta è “amico”. Se dovesse spiegarlo in parole povere (diciamo pure in prosa), cosa rappresenta per lei l’amicizia?
L’amicizia è il motore della vita ed è la più alta e nobile possibilità di vera socialità (dialettica e di comunicazione come scambio e gesti da potersi fare anche con silenzio e assenza perché si può e si sa aspettare) dell’uomo che non ha pari né con un rapporto fraterno né con quello di amore.
Gli uni vogliono un corpo presente con rivalità e rivalsa alla prima moneta che non spacca metà e si odia a dimenticarsi per sempre, gli altri invece vogliono un corpo da assalire e depredare con passione e necessita di presenza esclusiva.
L’amicizia vera è per sempre, perché chi conosce non giudica e non fa del male, perché è come essere sospesi e sicuri che le regole di verità, onestà e lealtà che accomunano non verranno tradite perché sono stessa materia che l’ha fatta nascere.
L’amicizia insegna la cooperazione tra gli uomini ed è come balsamo alle distanze sociali.
Chi non l’ha provata non può capirla ma chi ha ispirazione ad avvicinarla nel libro spero un poco a farne dono.
La sezione Mancati noi è imperniata su una ossessiva ripetizione del “tu” riferito a personaggi maschili o femminili alle prese con dettagli molto concreti della loro vita. Cosa accomuna questa galleria di ritratti?
Sono proprio questi dettagli di vita concreta come un lavoro, la corsa sportiva, hobby, ecc., che mettono ombre alle capacità delle diverse persone con cui si comunica a rappresentarne opportunità di amicizia. Pensano al solo “tu” che ascolti loro sfoghi di quotidianità lamentevole senza riscatto perché non hanno reale capacità o volere ad uscirne da questi, quindi con l’autoinganno o il limite vogliono che ai due soli “tu” (uno che parla e straparla e uno che addita) faccia plurale il Mancati noi come i noi mancati all’amicizia.
In che misura le sue origini statunitensi e il fatto di vivere da tempo a Roma si rispecchiano nella sua poetica?
L’America rappresenta la parola
e Roma l’accoglienza.
Come sta vivendo il cambiamento di abitudini e di prospettive immediate legate a questa pandemia? In relazione a questi eventi, la prospettiva da cui guarda le sue poesie e/o la sua poetica hanno subito qualche cambiamento?
Il mondo online al mondo on live non entusiasma,
parla distanziamento sociale no distanziamento fisico
e ancora paroline ai numeri orwelliani…
Cifre che segnano
silenzio.
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