L’ostrica
L’ostrica nelle sue tenebre assorbe
la quiete, il pensiero,
la sua durata si risolve
in un tempo privo di vita.Dal niente inondata nel suo essere,
dal niente composta per vivere.
Come può essere che la perla
sia la malattia di una tomba?Il diletto nella sua crosta
è il gioco del sudario.
Non sa separare l’ostrica
il ventaglio dalla cassa?Il ventaglio inconsolabile
nella melodia della campana
sull’ostrica si avvolge
in uno stile memorabile.Nessuna mano può sollevarti
dal tuo guscio. Venere sorgiva;
sotto quel tetto era la sua arte;
quello dell’ostrica aridamente.Fila la sua palpitazione verde
con simmetria da sepolcro;
io non suggerisco di chiamare culto
la consonante che si perde.Ma la sua atarassia annulla
il motore della conoscenza;
non fa rima l’ostrica, simula
l’inganno dell’accento.L’inganno dove abita
la musica che non si ascolta:
la musica come una trota,
sotto il suo gelo si esercita.Nell’inganno si perfeziona
l’unica testa che non pensa,
e appoggiata sulla sua rovina
l’ostrica la musica intreccia.La ostra en su tiniebla asume
el quietismo, el modo linfático;
su duración se resume
en el estar matemático.Entre nadas su ser inunda.
Chorros de nada para hacerla,
¿cómo puede ser que la perla
sea la enfermedad de una tumba?La delectación en su costra
es el juego de la mortaja
¿no sabe separar la ostra
el abanico de la caja?El abanico inconsolable
en el aire de la campana
sobre la ostra se amortaja
como un estilo memorable.Ninguna mano pueda alzarte
en su concha Venus surgente;
bajo ese techo era su arte:
el de la ostra secamente.Hila su palpitación verde
con simetría de sepulcro;
yo no sugiero llamar pulcro
al consonante que se pierde.Pero su ataraxia anula
al motor del conocimiento:
no rima la ostra simula
el artificio del acento.El artificio donde habita
la música que no se escucha:
la música como una trucha,
bajo su hielo se ejercita.En el artificio se afina
la única testa que no piensa.
Y apoyada sobre su ruina
la ostra la música trenza.
Traduzione di Gordiano Lupi tratta da: Il peso di un’isola, edizioni Il Foglio, versione elettronica, 2012, originale in da: Las furias, 1941
Nato a Cárdenas (un paesino sperduto in una provincia del nord) nel 1912, rispetto ai grandi poeti cubani della generazione di Lezama Lima (nato nel 1910) così come rispetto ai più giovani Eliseo Diego (nato nel 1920), Cintio Vitier (n. nel 1921) nonchè Fina García Marruz (del 1923), Virgilio Piñera percorse una traiettoria intellettuale e umana solitaria e appartata (era e restò per tutta la vita un “eretico” che non si schierò mai né con la Chiesa né con il Partito). Era approdato all’Avana nel 1938 dove nel 1940 si era laureato in Lettere e filosofia. A questi anni risalgono i primi versi. Collaborò con la rivista «Espuela de plata» diretta da José Lezama Lima. In questa occasione sorsero tra i due alcune incomprensioni che furono causa di un astioso risentimento da parte di Piñera nei confronti del più anziano poeta, del quale egli disprezzava e ridicolizzava la sua nascente leadership (da questi considerato una sorta di “pontificato”) nel panorama della poesia cubana di quegli anni (che si rafforzerà con la nascita di «Orígenes»). Debuttò nel 1941 con la silloge Las furias (da cui è tratta la poesia citata). La sua poetica, in questa prima fase, apparentemente non lontana dall’ermetismo misticheggiante e neo-barocco di Lezama Lima, mostra già i segni di una sua personalissima cifra stilistica, che emergerà in maniera chiarissima con il lungo e intenso poema La isla en peso, (in it. “Il peso di un’isola”) apparso in una prima versione nel 1943, nelle pagine del secondo e ultimo numero della rivista «Poetas» da lui fondata e diretta, nel quale prende corpo un fluviale lirismo visionario che si nutre di un linguaggio aspro e concreto, ricco di rimandi al paesaggio tropicale, alla sua natura rigogliosa e al suo altrettanto caratteristico melting pot afro-europeo. Sempre nel 1941 scrisse la piéce teatrale Electra Garrigó che venne rappresentata per la prima volta solo sette anni dopo e che viene considerato il primo testo testo teatrale moderno cubano (Virgilio Piñera a Cuba è più noto come drammaturgo che come poeta). Nel 1944 pubblicò Poesía y prosa la sua ultima raccolta di poesia pubblicata in vita nella quale apparvero anche alcuni suoi racconti. Da questo momento, anche se non smise mai di scrivere poesie, non mostrò alcun desiderio o interesse di pubblicarle (gran parte della sua opera in versi apparve dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1979). Risale al 1946 un suo soggiorno decisivo a Buenos Aires, dove arriva con una borsa di studio. Quell’anno conobbe Jorge Luis Borges. Divenne amico dello scrittore polacco Witold Gombrowicz, del quale fu anche un fervido ammiratore (partecipò alla traduzione del romanzo Ferdydurke). Nel 1948 tornò a Cuba, dove si rappresentò per la prima volta il suo dramma Elettra Garrigó. Malgrado l’opera non fosse stata ben accolta dalla critica, in questi anni Piñera si dedicò principalmente al teatro (nel 1949 su «Orígenes» era apparsa la sua piéce Falsa alarma, considerato uno dei primi esempi di “teatro dell’assuro”). Nel 1950 tornò a Buenos Aires in qualità di impiegato amministrativo dell’Ambasciata di Cuba e cominciò a collaborare con la rivista «Sur». In questi anni ebbe l’opportunità di viaggiare in Europa (Francia e Belgio). Nel 1956 torna definitivamente a Cuba. Col regime sorto in seguito alla Rivoluzione inizialmente i rapporti furono buoni (le sue piéce teatrali venivano messe in scena frequentemente, suoi articoli venivano regolarmente pubblicati su riviste cubane) ma si guastarono nel corso degli anni per via di alcuni attacchi alla sua persona da parte dell’ala più ortodossa del partito. Nel 1966 si riconciliò con José Lezama Lima quando quest’ultimo pubblicò il suo romanzo Paradiso, che aveva destato nell’isola un certo scandalo (anche per via di alcune scene omoerotiche, l’autore venne accusato di avere scritto un’opera pornografica, morbosa e indecifrabile). Nel 1971, con il celebre “caso Padilla” (Heberto Padilla fu un poeta arrestato per via di alcune critiche al regime e costretto, in cambio della sua liberazione, a una vergognosa “autocritica”), i rapporti tra la cultura ufficiale e gli intellettuali non allineati all’ideologia vigente si deteriorarono e Virgilio Piñera (così come anche Lezama Lima) venne gradualmente emarginato dalla vita pubblica anche per via della sua mai celata condizione di omosessuale (anche se, dopo la sua morte, gli vennero dedicate celebrazioni ufficiali). Dopo la sua scomparsa, vennero pubblicate diverse opere di teatro, poesia e narrativa. Dimostrò di essere in grado sia di maneggiare perfettamente sia schemi metrici e rime, come nel caso della poesia citata, sia verso libero, a cui fece ricorso sempre più frequentemente nel corso degli anni.
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