Assurda scena invernale
Questa è un’assurda scena invernale
questa è la via Roma in Cina
il portachiavi del sole ancora appeso alla cintura
la luce del mattino apre la porta al giornoQuesto è un ramo d’albero disegnato a carboncino
bruciato ancora per fare carboncino
questa è carta bianca offerta dalla terra innevatadisegniamoci la terra innevata
Guarda, l’automobile esprime personalità
il negozio mette in vendita se stesso
il platano allarga le sue foglie gialle, qualcuno a Huaiyinsogna Parigi giorno e notte
Segnali di fumo si alzano dalla spazzatura
palazzi vanno alla deriva come nebbia
uomini e bestie si battonoper pellicce che in realtà appartengono alle bestie
Questo è il freddo del nord nel meridione
questa è una stanza dove le sciarpe irrigidiscono
questo non è tempo di letargo per i virus informatici
ma sono i giorni in cui i fiori del pensiero avvizziscono1993
Tratta da: Han Dong, Un forte rumore, a cura di Rosa Lombardi, Elliot Lit-edizioni, Roma 2020, p. 63
Han Dong, nato a Nanchino nel 1961 ma, strappato dalla sua città natale insieme alla sua famiglia dalla Rivoluzione culturale (1966-1976), ha vissuto durante l’infanzia e l’adolescenza nelle campagne dell’entroterra per subire la “rieducazione” politica attraverso il lavoro manuale. Dal 1978 studia filosofia all’università dello Shandong, dove entra in contatto con la nuova poesia attraverso la lettura della rivista «Jintian».
Han Dong si laureò nel 1982 e si trasferì per due anni a Xi’an per insegnare marxismo-leninismo presso la locale università. In questo periodo comincia a scrivere e a pubblicare su riviste di poesia. Tornato a Nanchino nel 1985, vi fonda la rivista letteraria autogestita «Tamen» (in it.: “loro”), della quale usciranno nove numeri fino al 1995. Due anni prima, nel 1992, aveva pubblicato La pietra bianca, la sua silloge d’esordio. L’anno successivo decide di ritirarsi dall’insegnamento per dedicarsi alla scrittura. Alla poesia affiancherà saggi e prosa (romanzi, raccconti), articoli e interventi critici, collaborando con diverse riviste. Ha dato vita, insieme ad altri poeti, a un sito dedicato alla letteratura d’avanguardia, un premio letterario. Inoltre conduce un suo blog.
Col passare degli anni la sua è diventata una delle voci della poesia cinese contemporanea più autorevole e carismatica tra quelle degli autori che avevano collaborato alla rivista «Tamen» che fu il punto di riferimento della cosiddetta “Poesia post-oscura” (ovvero post-menglong), o della “Terza generazione” . Il nome di questa rivista, scelto dallo stesso Han Dong, ispirato al romanzo di Joyce Carol Oats Them, sottolinea una distanza rispetto al sistema letterario ufficiale, allora ancora sotto il rigido controllo delle autorità. Come spiega Rosa Lombardi: «Uno degli elementi di maggior novità rispetto al passato e alla scena contemporanea è che la rivista “Tamen” non vuole rappresentare un determinato gruppo poetico o una corrente letteraria, per questo non lancia un manifesto né segue canoni o principi guida prestabiliti, come spesso avviene in Cina. Il suo intento è creare un ampio spazio ospitale e di confronto, una sorta di utopica repubblica, per accogliere contributi originali e indipendenti da tutto il Paese, nel rifiuto di qualsiasi forma di omologazione o appiattimento indotti dal sistema politico o editoriale» ( in: Han Dong, la rivista Tamen, il Movimento di Rottura, la lingua della poesia, in: Op. cit., p. 17). Han Dong e i poeti della sua generazione si trovano in una situazione radicalmente cambiata rispetto a quella nella quale vissero e scrissero Bei Dao (nato nel 1949, dodici anni prima di Han Dong) e la generazione dei poeti Menglong (la cosiddetta “poesia oscura”). La generazione del caposcuola della “poesia oscura” era stata direttamente travolta dalla Rivoluzione culturale (lui stesso aveva fatto parte, come tutti gli studenti della sua generazione, delle famigerate “Guardie rosse”). Quando nel corso degli anni ’80 caddero i veti e le censure, Han Dong poté leggere gli autori “occidentali” fino a quel momento proibiti in Cina. Le riforme economiche, le aperture ai capitali stranieri e al libero mercato, avviato timidamente nei primi anni ’80, avevano avviato un cambiamento irreversibile dell’economia e della società cinese, che trasformarono in modo radicale le abitudini, la mentalità dei cittadini e il paesaggio urbano delle città. La poesia di Han Dong registra questa mutazione epocale, che investì inevitabilmente ogni forma di espressione artistica e letteraria. Lo stesso Han Dong in proposito ha giustamente scritto: «La ricerca della ricchezza è diventata la nuova visione del mondo cinese, il nuovo sogno. A mio parere, l’avidità è diventata la forza motrice della modernizzazione materiale, e non solo in Cina la letteratura è stata in gran parte abbandonata dai lettori cinesi, perché non è di alcuna utilità pratica. Guide per fare soldi, giocare in borsa, commerciare nel settore immobiliare, gestione aziendale, abilità sociali e così via ora in cima alla lista, seguite da libri sulla salute, collezionismo di oggetti d’antiquariato, libri di benessere – “zuppa di pollo per l’anima” – e memorie di personaggi famosi» (Han Dong, Chinese literature – where are we now?, «English Pen», 12/04/2012). Essendo confinato ai margini del mercato editoriale, il poeta, per la prima volta, è esentato dalla sua funzione civile. «Han Dong decide presto di intraprendere una strada del tutto diversa, opponendo all’estetica dei poeti oscuri un’ironica e antiretorica volontà di demistificazione che si esprime in una lingua solo in apparenza neutra o trasparente, o anche, come è stata definita, “colloquiale”» – scrive Rosa Lombardi, (Op. Cit., p. 18). Dal limbo nel quale si trova, senza un particolare statuto, è finalmente libero di rivolgere il suo sguardo ironico al mondo che lo circonda e proprio questo e ciò che fa Han Dong nelle sue poesie, ambientate in una delle tante metropoli cinesi investite da quella convulsa e frenetica metamorfosi che nel giro di pochi anni ha cancellato definitivamente il volto della città realsocialista. Assurda scena invernale, con la sua curiosa citazione del tutto straniata di Roma e Parigi, viste attraverso lo sguardo di un “nuovo ricco” cinese, può essere considerata un ottimo esempio della poetica di questo autore.
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