L’eccesso di memoria
Cara signora Schubert, che fare dell’eccesso di memoria? Ci ho vagabondato insieme per città e continenti sconosciuti. L’ho lasciata nei depositi bagagli e nelle biblioteche comunali ma mi ha sempre ritrovato nei ricordi abbandonati, nelle lettere, nei sogni. Una volta è stata assalita dalla paura, che le ha chiesto di darle tutti i suoi gioielli. La memoria ha opposto resistenza, ma la paura le ha strappato alcuni anni di diamante. Lei sarebbe pronta ad accogliere una parte della mia memoria nel suo destino? Non ignori questa proposta, che ancora non ammette sconfitta.
(da Cara signora Schubert – L’amore, cara signora Schubert, di Ewa Lipska 2012, Armando 2014, a cura di Marina Ciccarini).
Tra le tante opere di Ewa Lipska tradotte e pubblicate in varie lingue del mondo, ne ho lette due tradotte in Italiano, L’occhio incrinato del tempo – Cara signora Schubert, Droga pani Schubert (2012, Armando 2014) e Il lettore di impronte digitali, Czytnk linii papilarnych , Donzelli Poesia, 2017), a cura di Marina Ciccarini. (1). Le sue poesie, e le poesie in prosa, dapprima mi hanno sorpresa, in alcuni punti ho avuto difficoltà ma poi, lentamente, ne ho scoperto il suono, nuovo, profondo ma semplice, talvolta sferzante ma autenticamente sincero. La sua intelligente ironia, mai arida e astratta, mi ha teso la mano e sono riuscita ad accordare con il suo, il mio sentire.
Ewa Lipska nasce a Cracovia nel 1945. Negli anni del suo esordio come poetessa (il suo primo volume intitolato Wiersze, Poesie, esce nel 1967) la situazione politica della Polonia è seriamente compromessa e il paese sarà stravolto da un’ennesima stagione tumultuosa che interromperà il periodo del “disgelo” seguita dalla morte di Stalin. Gli anni sessanta sono infatti caratterizzati dalla figura di Władysław Gomułka che, dopo una prima fase di relativa apertura del suo governo, appoggerà la persecuzione della Chiesa cattolica, non si opporrà alla campagna di propaganda antiebraica e giocherà un ruolo anche nell’invasione della Cecoslovacchia attuata dalle forze del patto di Varsavia. In quegli stessi anni l’espulsione dal Partito comunista di intellettuali di spicco contribuisce ad alimentare un clima di tensione e di repressione in cui dominano la censura e la propaganda di regime. La vita intellettuale, tuttavia, continua a essere in pieno fermento: tra i numerosi gruppi poetici che caratterizzano questo periodo spicca, per originalità, il gruppo della cosiddetta Nowa Fala (“Nuova ondata”). I suoi rappresentanti sono diffidenti nei confronti del regime, ne stigmatizzano il linguaggio, quello della propaganda ufficiale e dei mass media, utilizzato subdolamente per placare e sopire le coscienze; rivendicano con forza il ruolo etico e l’impegno del poeta che deve essere testimone responsabile del suo tempo, della realtà che lo circonda, denunciandone le incongruità e le perniciose disarmonie. Ewa Lipska è vicina alla sensibilità di questi poeti suoi coetanei, anche se non apparterrà né al loro gruppo, né ad altri. La sua voce fin dagli esordi, è originale e isolata. Non aderisce, e non aderirà, a nessun partito politico, sarà distaccata ma presente. Nei versi degli anni settanta e ottanta, infatti, non mancheranno riferimenti ai realia del Comunismo della Polonia popolare, con allusioni alla “anormalità”, allo stato di incoerenza e follia in cui i suoi protagonisti sono costretti a muoversi, sullo sfondo però, di un mondo globale che, per tutti, è allo stesso modo inafferrabile e inconoscibile, governato dalla casualità, poiché Nic nie pewne( “Nulla è certo”, dal Czwarty zbiòr wierszy, in it. “Quarta raccolta di poesie”, 1974, p.97). «Ewa Lipska, la cui voce poetica è molto nota in patria e in Europa, ha un rapporto del tutto originale con la contemporaneità che accoglie e asseconda ma da cui, in qualche misura, prende le distanze, quasi a volerla percepire con maggior forza e accuratezza da un diverso angolo virtuale e temporale. Fin dalle liriche dei primi anni, infatti, il suo linguaggio rompe gli schemi mentali con cui si è abituati a classificare le cose, a registrarle e, talora, anestetizzarle nella nostra coscienza […]. Affascinata dall’arte dei Surrealisti e, in particolare, dall’opera di Renè Magritte – ha frequentato l’Accademia delle belle Arti di Cracovia ed è stata allieva del noto pittore d’avanguardia Adam Marczynski» scrive Marina Ciccarini in Baciarsi con migliaia di bocche, prefazione a: Il lettore di impronte digitali. Ewa Lipska, come abbiamo già accennato, propone nei suoi versi un microcosmo paradossale di ironia, sensualità e potente melanconia, ma anche di rivolta contro la razionalità, di gioco arguto e intelligente fra forma e contenuto. Non a caso, di recente, ha affermato di scrivere poesia perché non sa suonare il pianoforte (intervista del 27 febbraio 2016 con Filip lobodzinski). Ciò che invidia alla musica e alla pittura è infatti il linguaggio delle note e dei colori, nitido, senza sbavature o possibilità di fraintendimenti. Il poeta invece, a suo avviso, ha a disposizione un materiale sfuggente e magmatico.
E dunque nelle liriche di Lipska, ai riferimenti alla cultura popolare della Polonia sotto il proclamato stato di guerra (anni 1981-83) si affacciano i richiami agli status symbol della cultura occidentale: il jazz, le chitarre elettriche, il cinema di Godard, l’Lsd, il profumo Chanel, il Boeing 704, la Fifth Avenue, Piccadilly. Sono questi, inoltre, gli anni del lungo e profondo sodalizio amicale con Wislawa Szymborska, poetessa premio Nobel per la letteratura del 1996, a cui la accomunano l’ironia intelligente e l’arte del paradosso.
Nel frattempo, dal 1970 al 1980 Ewa Lipska è redattrice della sezione di poesia della rinomata casa editrice Wydawnictwo Literackie di Cracovia e, a cavallo tra il 1975 e 1976, trascorre un periodo di studio e a Iowa City, nell’ambito dell’International Writing Program. Nel 1978 diviene membro del pen Club polacco, di cui condividerà, fino ad oggi, tante battaglie in difesa degli scrittori censurati e perseguitati. Nel 1983 vive per alcuni mesi a Berlino Ovest (con una borsa di studio del DAAD) e nel 1989 sarà cofondatrice dello Stowarzyszenie Pisarzy Polskich (Associazione degli scrittori polacchi). Dal 1990 al 992 lavora, invece, nella redazione della rivista «Dekada literacka» dedicata alla cultura e all’arte, al cinema, alle arti plastiche, al teatro. Si trasferisce nel frattempo a Vienna dove, dal 1991 al 1997, sarà vicedirettrice e poi direttrice dell’Istituto polacco di cultura, per rientrare in seguito in patria e stabilirsi a Cracovia, dove vive attualmente.
I cinquant’anni di attività poetica di Ewa Lipska, che ha sempre goduto di grande successo di critica e pubblico, sono punteggiati da premi nazionali e internazionali (tra gli ultimi riconoscimenti va segnalato che, nel 2016, proprio per questa raccolta, Il lettore di impronte digitali, è stata tra i finalisti del prestigioso premio letterario Nike), così come molteplici sono le traduzioni delle sue raccolte in lingue straniere. La poetessa, riservata ma partecipe della vita culturale, è anche autrice di test di canzoni famose, di un romanzo intitolato Sefer (Wydawnictwo Literackie, Cracovia 2009), di feuilleton, di prose poetiche e poesie in prosa, e nel 2016 ha esordito come sceneggiatrice del progetto europeo Wroclaw capitale della cultura 2016 con una pièce intitolata 2016 Dokad? (2016 Dove?), basata su testi di Seneca e suoi. Ha partecipato inoltre a molteplici festival di poesia, seminari e serate d’autore, collabora con programmi radiofonici, ha un sito ufficiale (ewalipska.pl, anche in lingua inglese). Di Ewa Lipska sono infatti stati tradotti in italiano il volume di poesie in prosa Droga pani Schubert… (in it. “Cara signora Schubert”, Wydawnictwo Literackie, Krakòv 2012) e quello di prose poetiche Miłość, droga pani Schubert… ( in it.: “L’amore, cara signora Schubert“, Wydawnictwo a5, Cracovia 2013) pubblicati entrambi in edizioni bilingue con il titolo L’occhio incrinato del tempo (Armando, Roma 2013), a cura di M. Ciccarini., che ha ricevuto nel 2014 il Premio Ipazia all’Eccellenza al Femminile.
Scrive Marina Ciccarini in L’occhi incrinato del tempo: «Le prose poetiche presentate da Ewa Lipska nel volume L’occhio incrinato del tempo formano un ciclo con una sua specifica coerenza tematica e stilistica all’interno dell’opera. La figura di una donna, la signora Schubert, rappresenta l’interlocutore ‘intelligente e sensibile’ perno dell’intera struttura compositiva attorno a cui ruota la riflessione dell’io lirico (di genere maschile). La dinamica tra questi due soggetti, quasi in forma di endiadi, mette in connessione reciproca i motivi ricorrenti più significativi della poetica di Lipska e li rafforza, creando un universo narrativo stupefacente, un insieme che permette di analizzare le due opere come se fossero un unico corpus con specifiche peculiarità. Lo stile scelto, la prosa poetica – genere ambiguo e ossimorico per eccellenza ‘borderline della prosa’ – crea una scrittura semplice ma densa di rinvii a codici complessi e a polifonie. È un ‘non genere’ che si addice molto bene alla descrizione di situazioni limite quali quelle che il lettore incontra in questi micro-racconti, narrati ricorrendo al paradosso, all’analogia, alla metafora. A fare da contraltare c’è una sintassi semplice, quasi colloquiale, che indica un tipo di comunicazione informale propria di un rapporto intimo e paritario. Nelle due raccolte (presenti nel libro) i temi della vita e della morte, dell’amore, dell’infanzia, del ricordo e dell’oblio sono rivisitati in un gioco di riflessi, di rimandi, ribaltamenti e analogie. Tutto ruota attorno all’io lirico che, nel suo rapporto con la signora Schubert, in uno scambio dialogico, sembra trovare la conferma del proprio esistere. Questo processo relazionale di reciproca dipendenza, altamente simbolico, è una prima possibile chiave di lettura. […]. La sostituzione della realtà fisica, convenzionale, con una realtà psichica fatta di reversibilità di attributi e situazioni, di moltiplicazioni e divisore di fattori, si attiene dunque se lo spazio e il tempo sono vissuti come entità dinamiche. Il Collisore di adroni esplora dimensioni nascoste e fa emergere nuovi quesiti a cui gli scienziati dovranno dare risposte, nello stesso modo la raffinata e profonda partitura scritta da Ewa Lipska in questo suo ciclo di prose poetiche, esprime le domande difficili dell’esistenza e rende leggibile l’intimità della mente, pone il lettore di fronte all’enigma inestricabile della vita, ma fornisce le chiavi per renderla più tollerabile, nel labirinto di una memoria nella quale il tempo non è prigione ma panorama che si può ammirare in ogni suo elemento, in ogni suo istante».
Secondo l’autrice, «il poeta (..) ha a disposizione un materiale sfuggente e magmatico, è un funambolo che cammina sul filo del significato, a volte ambiguo di ogni singola parola e deve, perciò, dedicarsi completamente a rendere il suo linguaggio quanto più possibile preciso» ma anche “come le impronte digitali, irripetibile e originale” (dal discorso pronunciato da Ewa Lipska in occasione del conferimento del dottorato Honoris Causa). ”Siamo diversi in maniera tanto simile” (Tak Samo, Allo stesso modo in Wiersze, Poesie, 1967) ha scritto la poetessa all’inizio della sua attività poetica e, indifferente a tutte le mode, a questa certezza ha ancorato con determinazione, il suo dar voce alla rappresentazione di un’alterità e complessità difficili da descrivere. Ciò che ci distingue inequivocabilmente l’uno dall’altro, ci condanna all’essere separati, e la nostra originalità porta con sé un corollario pesante, la solitudine. Come sfuggirle? Come sopportare il peso di uno stato d’animo che non ha corpo “neppure quando ci abbraccia”? (cit. da La solitudine). Nella poesia che dà il titolo a questa raccolta (Il lettore di impronte digitali) il web appare come una possibile e frequentata via di fuga del nostro tempo, virtuale ma, efficace panacea e negazione del male di vivere, del mistero della vita, del desiderio inesausto di appartenenza. ‘Contatti e notifiche’ ci forniscono un’identità comunitaria nella quale non importa la qualità della relazione, ma la quantità del numero di ‘amicizie’, illusione di una pienezza fittizia che sancisce l’impossibilità di un rapporto con se stessi. Baciarsi con miliardi di bocche protegge, infatti, dallo sperimentare la delusione, o la gioia, di un singolo bacio reale mentre, l’anonimato della solitudine, garantisce un confortevole rifugio “nella clinica della folla, ci sentiamo più sicuri” (cit. da: Il banchetto). Il tempo della rete, poi, rapido, accelerato, spesso non permette la riflessione, l’effettiva elaborazione dell’informazione e contribuisce a scatenare pulsioni non filtrate e aggressive: “Quell’impasto denso di pregiudizi che nei forum di internet, lascia un senso di nausea” (cit. da: Qualche parola sulla xenofobia). La memoria, poi, uno dei personaggi principali di questa raccolta, non è il passato e la replica di ciò che è stato, ma è un pensiero che crea, reinventa e infierisce (si veda Non tornerò più qui) tracciando immagini-evento libere da ogni consuetudine che lascino balenare una sintesi tra passato e futuro, in un presente dove tutto si tiene e si palesa in maniera inusuale.
Cara signora Schubert, è un bene che ci sia ancora un paese così, che è dappertutto e si chiama Poesia
Ewa Lipska, poeta.
Rosalba De Cesare©
(1) Segnalo un articolo del 10-novembre-2018, su L’OMBRA DELLE PAROLE. Rivista letteraria internazionale: Ewa lipska. Cinque poesie inedite da; Pamięć operacyjna (memoria operativa) Wydawnictwo literackie, Cracovia 2017. Traduzione, Presentazione e fotografie di Lorenzo Pompeo, Nota biobibliografica di Paolo Statuti, con il Punto di vista di Giorgio Linguaglossa. Nella Rivista sono presenti anche altri articoli sulla poetessa Ewa Lipska.
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